Grazie a
Daniela e Loredana che mi hanno permesso di conoscere PIETRO del 1923 un
TESTIMONE DELLA MEMORIA “SUPER” con il quale abbiamo ONORATO la Memoria di
Mamma Luigia Tieran, di Papà Sandrin 1885 Cavaliere di Vittorio Veneto e
Combattente della Guerra d’Africa Infermiere del Corpo di Sanità Militare per
dieci anni di Servizio Militare e Deceduto per Malattia contratta in Guerra,
delle sorelle Elda, Adelaide, Maria,Rina e del fratello Giuseppe, del nonno che
gestì il “Martinètt” di Rocchetta Belbo, dei Partigiani “Lepre,Mario, Gandolfo
Celso(DECEDUTO a Mathausen), Sorano Elso(DECEDUTO a Mathausen),Deabate Carlo,
dei Caduti del Giachinot: i tre Fratelli Rivera, Cane,Sandri,Bruno,Prunotto,
degli amici Cavolo Dionigi, Bosio Mario, Eirale Giuseppe, Chiarle Federico
Mario, di Gennaro Natale “Parold”e delle
sue sei figlie, e ancora delle sorelle Reggio Carlota(Castino Borgomale) e
Talina(Castino Neive mamma di Gigi dèr Cafè). Buon Cammino Pierin e GRAZIE!
FAMIGLIA CHIESA
ALESSANDRO (SANDRIN) E TIERAN LUIGIA
FIGLI :ELDA,ADELAIDE,MARIA,
RINA(RININ) PIETRO(PIERINO), GIUSEPPE
https://youtu.be/ldpnMllBk2Y
Nato qui
a Borgomale nel 1923, mia mamma era Tieran Luigia di origini francesi e suo
padre aveva il “Martinètt” (fabbro che produceva “ziamènte”(attrezzi) per
l’agricoltura) a Rocchetta Belbo.
Mio padre di nome era Alessandro ma tutti lo
chiamavano Sandrin, nato nel 1885 si sobbarcò dieci anni i guerra tra Africa e
Guerra europea. Fu arruolato nella sanità di guerra e operò come infermiere
negli Ospedali da campo. Quando tornò dal militare, qui a Borgomale lo
chiamavano per ogni necessità medica e prima di andare dal dottore
interpellavano “Sandrin”! Purtroppo morì nel 1943 a soli 58 anni per "Malattia
contratta in Guerra" lasciando la mamma con noi 6 figli da crescere:
Elda, Adelaide, Maria,Rina, Giuseppe ed io.
Morì ad Aprile, io ero sotto le armi da un mese, ebbi la licenza per il
funerale e tornai subito ad Ivrea.
PARTII
MILITARE
Avevo
appena diciannove anni e con l’aspetto di un ragazzino fui chiamato alle armi
nel 1943 a Marzo. Da Mondovì fui arruolato nella Fanteria “fantocc!” e inviato
a Ivrea. In treno, intanto che con un mio compagno si andava a presentarci in
caserma, fummo notati da due signore che erano di fronte nello stesso
scompartimento. Videro i documenti militari che presentavamo al bigliettaio e
stupite ci chiesero come mai così giovani andassimo al Servizio militare, si
emozionarono e piangendo ci augurarono buona fortuna. All’otto Settembre ci fu
l’Armistizio e dopo un po’ di giorni, il 17 Settembre, seguii anch’io la strada
della fuga verso casa.
Una volta
a casa, nonostante l’insistenza di molti amici che volevano mi aggregassi a
qualche gruppo di Ribelli, io preferii rimanere con la mamma, le sorelle e il
fratello e nascondermi appena vi era sentore dell’arrivo dei repubblichini o
dei nazifascisti. Furono parecchi i rischi che corsi, ma fortunatamente andò
sempre bene. La nostra casa, posta in fondo al paese permetteva di fuggire e in
un attimo essere nella Berria o nei boschi.
I
carabinieri e i repubblichini venivano ad affiggere i manifesti con la
comunicazione per i renitenti o disertori, ma noi jé sciancavo! (Li strappavamo.)
PAROLDO GIUSEPPE 14/12/1911
CASTINO BORGOMALE
CONTADINO
SOLDATO FANTERIA Reparto 2°RGT.ALPINI
Nome di battaglia “LEPRE” BENEMERITO
6° DIV
GARIBALDI Dal 01/10/1943 Al 07/06/1945
Nel 1944
i repubblichini stanziati ad Alba giravano in continuazione a “rastrellare” noi
giovani che eravamo di leva. Erano andati in Municipio e avevano gli elenchi.
Arrivarono anche a casa nostra. Io mi ero nascosto, e così pure mio fratello e
le mie sorelle. Trovarono soltanto mia madre e la sorellina più piccola
“Rinin”. Chiesero di me, rovistarono per tutta la casa gettando per aria la
biancheria e gli abiti degli armadi. Trovarono i miei pantaloni con portafoglio
e documenti e presero i pochi soldi, lasciarono i documenti sul letto. Dissero
a mia madre che se non diceva dove ero io avrebbero portato via lei. La mamma
replicò che dopo che ero tornato dal militare non mi aveva più visto e li
scongiurò di non impaurire ancora la piccola Rina che vedendo maltrattare la
mamma piangeva disperata. Alle urla e pianti della bambina desistettero
dall’idea di portare via la mamma e se ne andarono lasciando mamma e figlia
terrorizzate. Io rimasi parecchi giorni nascosto, invece le sorelle più grandi
e Giuseppe tornarono a consolare Rinin e mamma Luigia e a risistemare
l’abitazione.
Una
volta i nazifascisti arrivarono improvvisamente, io e Mario Bosio infilammo la
porta del castello e salimmo fino al solaio nel sottotetto. Rimanemmo
acquattati nel buio sperando non ci cercassero. Sentimmo voci e rumori di
stivali che salivano la scala di legno, qualche sparo che fece dire a Mario:
<Levr o rè andà!>(Lepre è stato ucciso). “Lepre” Paroldo Gepin del 1911,
che era nei Partigiani, viveva da solo in due camere alla base del castello.
Lui aveva già combattuto e senza scomporsi, alle domande dei militi aveva
scrollato le spalle e fatto capire che non aveva visto nessuno.
Un militare salì fin dal solaio, e aperta la porta,
fece due passi con l’arma spianata, sparò alcuni colpi nel buio e se ne andò.
Noi eravamo nascosti, immobili dietro a una catasta di pietre lasciata dai
muratori.
Quando i nazifascisti scesero, puntarono le armi
verso “Levr” per impaurirlo, ma questi dal tavolo con il bicchiere in mano
indicò le bottiglie di vino sul ripiano per far capire se avessero voluto bere
un goccio con lui. Diedero un’occhiata al graduato che acconsentì, e allora
misero i fucili a “spallarm” e sedettero sulle panche per bere. Noi rimanemmo
nascosti finchè capimmo che se ne erano andati e scendemmo guardinghi. Trovammo
Gepin che ci raccontò l’accaduto e sospirammo per lo scampato pericolo. Bevemmo
alla sua salute e gli raccontammo che avevamo temuto lo avessero ucciso!
IL PARROCO DON CHIESA
Io, Mario e altri giovani, ci appostavamo per
chiacchierare, nella piazza della Chiesa da dove si poteva vedere se arrivavano
i nazifascisti. Una volta arrivò all’improvviso un camion di soldati tedeschi,
Mario ed io entrammo in Chiesa e attraverso la porticina che dà accesso alla
scala del campanile ci rifugiammo in cima al piano dove sono le campane. I
militari avevano visto delle persone in piazza e non trovando nessuno andarono
dal Parroco Don Chiesa e gli intimarono di guardare in chiesa se ci fosse qualcuno
e farlo uscire altrimenti lo avrebbero ucciso. Questi tremante, venne e urlò
dalla scala del campanile: < vnì giù chi voro masseme!> venite giù che
vogliono uccidermi. Mario si fece alla botola e facendogli segno di non urlare,
mostrandogli la pistola gli fece capire che gli avrebbe sparato e gli sussurrò:
<s’oi diz che soma sì jè spar mi, coi diza chi jè gnun!>( se dice che
siamo qui, le sparo io, dica che non c’è nessuno).Il Parroco, ancora più
spaventato, uscì e riferì ai tedeschi che in chiesa non c’era nessuno. Questi
girarono i tacchi e se ne andarono, quando dal campanile vedemmo allontanarsi
il camion scendemmo anche noi e ritornammo ai nostri lavori.
IL NASCONDIGLIO ALLA VIGNA DELLA"DOTA"
Parecchie volte, io e
mio fratello, mentre eravamo al lavoro nella vigne di fianco alla Cascina Dota
dei Rigo, dovemmo correre a nasconderci perché avevamo visto che sullo stradone
sotto la Madonna di Langa di Benevello stavano transitando i tedeschi. Avevamo
realizzato un”crotin” dietro al muro sotto la strada e con un cunicolo uscivamo
dalla parte opposta della strada e potevamo prendere per i boschi. L’entrata
del nascondiglio era poi chiusa con un’asse e delle fascine.
I PARTIGIANI FECERO
SALTARE IL PONTE
Era di Novembre e
vennero i Partigiani di Castino Muscun e John con una bomba per far saltare il
ponte e ritardare il passaggio dei nazifascisti che si era saputo, sarebbero
transitati per Bergomale. Andammo anche noi giovani a dare una mano, poiché ci
si rese conto che prima l’avrebbero fatto saltare e sarebbero andati via e meno
problemi ci sarebbero stati per gli anziani del paese. Infatti quando fossero
arrivati i tedeschi e avessero trovato il ponte distrutto comunque avrebbero
incolpato i paesani, ma peggio sarebbe stato se avessero saputo che si aveva
collaborato. Pertanto li aiutammo a preparare la buca per deporre la bomba, e
una volta esplosa fuggimmo per i boschi e ci allontanammo nelle notte. Eravamo
in parecchi e io dissi a Mario e mio fratello di separarci dal grosso del
gruppo per dare meno nell’occhio. Passammo alla Lodola dove c’era il Comando
partigiano e al Brich si unì a noi anche il mio amico Nigi Cavolo, padre di
Angelo e Silvio (l’ attuale vigile Urbano di Castino). Quella volta rimanemmo
due giorni nei boschi e arrivammo quasi fino a Millesimo.
NASCONDIGLIO NELLA
CISTERNA DA CARLOTA
Dalla cascina di
Carlota e Benito genitori di Mario vi era una cisterna per la raccolta
dell’acqua che utilizzavamo come nascondiglio.
Si accedeva da una
botola sulla quale si metteva una “caponera” (gabbia per conigli). Ricordo che
ci nascondemmo dopo che avvenne la strage del “Topiné” dove furono trucidati i
tre fratelli Rivera, Cane, Sandri, Bruno, Prunotto . Siccome non era più sicuro
neppure nascondersi nei boschi poiché li setacciavano con i cani, scendemmo
nella cisterna. Le mie sorelle ci portavano da mangiare e ce lo passavano da un
foro che dava sull’esterno e serviva come presa d’aria. Un giorno sentimmo del
trambusto sul pavimento sopra e sentimmo spostare la gabbia. Ci preoccupammo
poiché si era detto di assolutamente non aprire la botola. Tra la paura e la
scarsa ossigenazione dell’ambiente eravamo già tutti con un colorito giallastro
e ci apprestavamo al peggio, quando sentimmo Nando ‘d Macaron che diceva: sévi
anco’ viv?!(siete ancora vivi)?!, e ci spiegò che c’era un giovane partigiano
che aveva chiesto a Carlota di scendere nella cisterna con Mario e gli altri
giovani. Ci infuriammo molto e ci preoccupammo temendo fosse una spia, ma ormai
era fatta e lo facemmo scendere. Lo interrogammo e lo spaventammo anche
malmenandolo. Mario che era il più deciso gli disse che non doveva né tossire
né parlare altrimenti avrebbe impiegato un secondo ad ammazzarlo. Questo
piangeva e ci rassicurò che non era un traditore ma un partigiano e voleva solo
essere al sicuro per salvare la pelle! Tutto andò bene e mi dispiacque di
averlo maltrattato, ma erano tempi in cui non potevi fidarti di nessuno e noi
sapemmo solo dopo che era veramente un partigiano.
STRAGE DEL “TOPINÉ”
Quando la
Domenica 19 Novembre 1944 si seppe che i tedeschi erano a Manera, noi giovani
decidemmo di nasconderci, ma come altre volte io e Mario scegliemmo di andare
da soli e ci andò bene, invece i fratelli Rivera con Sandri, Cane, Bruno e
Prunotto si nascosero tutti insieme e furono trovati e massacrati.
Cane Prunotto
Fratelli Rivera
FUGA A
CARNEVALE (CON LA FORCHETTA)
Un’ altra
fuga la dovetti effettuare a Carnevale del 1945. La mamma aveva
preparato”j’agnolot dèr plin”
Ed
eravamo a tavola in attesa “ch’ai comodaissa”(li condisse). Sentimmo arrivare
una macchina, guardai mio fratello e ancora prima di chiedere chi fossero,
scattai in piedi e saltai dalla finestra che dava verso la Berria. Seguito da
mio fratello misi gambe in spalla e senza girarmi non mi fermai finchè non fui
al sicuro nel boschetto lungo il Berria. Ansimando mi accorsi di stringere
qualcosa nella mano, era la forchetta che avevo pronta per gli agnolotti. Più
tardi ricevemmo dei segnali che ci rassicuravano e allora tornammo a casa. La
macchina era dei Partigiani. Mangiarono e bevvero poi se ne andarono. Mamma e
sorelle ci scaldarono i “Plin” che avevano messi da parte e potemmo anche noi
festeggiare Carnevale.
GENNARO
NATALE DETTO “PAROLD”
Talin
Gennaro, "Parold" fu l’albergatore, panettiere, macellaio, bottegaio e allestitore
di balli a palchetto, ne aveva ben due che portava alle feste dei paesi qui intorno a Borgomale..
Quando
arrivarono i tedeschi e si trovarono la strada interrotta a causa
dell’esplosione della bomba portata da Muscun e John, si sistemarono nel paese
di Borgomale, requisirono le stalle per i loro cavalli e chiesero a Talin di
procurare dei buoi o animali per trasferire attraverso una strada ai emergenza
materiali e automezzi oltre la grande buca. Parold, con pochi altri anziani
dovette ubbidire agli ordini, poiché i tedeschi presero in ostaggio le sue sei
figlie e parecchi altri giovani tra i
quali mio fratello che era un ragazzino e donne. Li tennero segregati dicendo
che sarebbero stati deportati se il paese non avesse collaborato. Ultimato il
passaggio di uomini e autocarri oltre Borgomale, il Capitano comandante della
truppa tedesca volle ringraziare Talin per la collaborazione e gli chiese come
poteva sdebitarsi. Parold, vedendo il nostro fratello Giuseppe che veniva
condotto via dai militari gli chiese di liberare Giuseppe e gli spiegò che era
l’unico sostegno della nostra famiglia orfana di padre. Il Capitano si
impietosì e fece ritornare Giuseppe tra le braccia della piccola Rinin, di
mamma Luigia, di Elda, Maria ed Adelaide. Rilasciò anche le sei figlie di Talin
e altri.
Tuttavia
in quel frangente misero sottosopra il
paese. A noi presero il maiale e liberarono la mucca per far spazio nella
stalla, la trovammo giorni dopo nei campi.
Fornaro Giovanni Partigiano "Giovanni"
RICORDO
DI FORNARO-GANDOLFO- SORANO
Fornaro
Giovanni, di cui vi è una lapide sul muro del castello era un mio amico e venne
a chiedermi di andare con lui nei Partigiani. Mi mostrò la pistola che aveva
avuto in dotazione, ma non mi convinse. Garbatamente gli dissi che dovevo
badare alla mia famiglia e preferivo cercare di lavorare per loro. Cadde a San
Benedetto Belbo ( 20 11 1944) povero ragazzo!
Anche
Gandolfo Celso Sorano Elso furono miei amici e vennero a chiedermi di entrare
nei partigiani. Sia Celso che Elso furono catturati dai Tedeschi e Deportati
prima a Santo Stefano dove furono visti per l’ultima volta sul camion e poi in
Germania.
FORNARO GIOVANNI
10/04/1927
PEZZOLO VALLE UZZONE-GORRINO
Res. LOCALITA'
CAMPETTO - BORGOMALE
Nome di
battaglia GIOVANNI CADUTO 6° DIV GARIBALDI 16°
BRG Dal 01/10/1943 Al 20/11/1944
PARTIGIANO Dal 01/10/1943 Al 20/11/1944
Caduto
il 20/11/1944 nel Comune di SAN BENDETTO BELBO-PASSO BOSSOLA
GANDOLFO CELSO
2/06/1924 BORGOMALE
MECCANICO
AGGIUSTATORE
ARTIGLIERIA Reparto 2°
SOLDATO
Nome di
battaglia CELSO CADUTO
6° DIV GARIBALDI Dal 09/09/1943 Al 27/04/1944
PARTIGIANO
Caduto
il 27/04/1944 nel Comune di MAUTHAUSEN GERMANIA
DEPORTAZIONE
MAUTHAUSEN Dal Al 27/04/1944
SORANO ELSO
BENEVELLO (CUNEO)
FANTERIA Reparto 2°
RGT ALPINI
Nome di
battaglia ELSO Qualifica ottenuta CADUTO 6° DIV GARIBALDI
Prima
formazione 6° DIV
GARIBALDI Dal 09/09/1943 Al 03/03/1944
PARTIGIANO Dal 09/09/1943 Al 03/03/1944
Caduto
il 03/03/1944 nel Comune di MAUTHAUSEN Provincia
caduto GERMANIA Causa della morte DEPORTAZIONE
Dal 09/09/1943 Al 03/03/1944
DECEDUTO
A MAUTHAUSEN
RICORDI SPAVENTOSI Una
volta io e mio fratello fuggimmo verso la Lodola per nasconderci e sfuggire ai
nazifascisti. Si scappava e ci si muoveva di notte perché di giorno erano
sparsi dovunque. Correndo, passammo alla Lodola dove c’era il Comando dei
partigiani II Divisione Langhe di Poli, i Partigiani erano già andati via
poiché i tedeschi li braccavano, e ricordo che passando in un campo là attorno,
inciampammo in qualcosa che scoprimmo essere scarponi di cadaveri, ce n’erano
parecchi! Si seppe che erano spie fucilate e sotterrate con le scarpe fuori
affinchè fossero di monito per altri. Qualcuno disse invece che li sotterravano
così affinchè i parenti li trovassero.
LE VEGLIE DAI PIAZZA
Ricordo
che si andava a vijé a casa dei Piazza, c’era ancora il vecchio Michele che era
stato Ragazzo del ‘99 combattente della Grande Guerra. Negli ultimi anni della
sua vita, nelle sere d’inverno si andava appunto a vegliare per trascorrere la
sera giocando a carte e cantandone alcune, prima si passava a salutare il
“grande vecchio” e lo si ascoltava alternare canti di guerra a Lodi da Chiesa.
Venne abbastanza anziano e lasciò un bel ricordo con i suoi racconti e canti.
Altri
personaggi che possedevano grande capacità di intrattenere piccoli e grandi con le loro “quinte” furono Pace Gioanin che abitava qui vicino a noi e
ancora vi era Cento Paroldo drà Veneria, parente del Partigiano Lepre di cui ho
raccontato. Questi erano veramente abili nel raccontare storie paurose . Cento
faceva paura già solo al vederlo: con la barba lunga e i baffoni, il naso
bitorzoluto e gli occhi sporgenti era una maschera naturale. Veniva chiamato
nelle case a raccontare le sue “quinte” e la gente si radunava per ascoltarlo.
Veniva anche sovente da Talin all’osteria e narrava di Masche che entravano in
casa o nella stalla e portavano via cose e persone senza che nessuno se ne
accorgesse. Più nessuno fiatava poiché era bravo a creare una grande tensione
aiutandosi con la mimica e i rumori di qualche collaboratore.