lunedì 22 settembre 2025

BEPPE MAURO Personaggi Neivesi

 



                         NEIVE BORGONUOVO

Beppe di Neive Arguello

LIMPIA E VIGIN SPAVÈNT

Olimpia non era molto alta , in compenso ….era molto larga”bondosa”. Vigin Spavènt ,il consorte, anche lui non era molto alto, anzi era proprio piccino. Tutto nervi, era un terzo di madama Limpia, la Priora delle “Miliate,                                                                (Umiliate)


il braccio sinistro di Don Antonio. Il destro era Monsù Badin der Mondèrcot Priore dei Batù Bianch con Monsù Abaldo come consigliere per la morale e tipografo ufficiale del paese.

Vigin e Limpia erano uno l’opposto dell’altra. Lui bestemmiatore convinto e lei convinta credente praticante. In ogni modo, stavano insieme, lui credeva di essere il padrone di casa ma chi menava la danza era Olimpia. Quando uscivano, uno dietro l’altra, lei davanti col portamento un po’ affaticato ma tuttavia fiero, Vigin ,dietro, come un bambino che si prepara per qualche “marminéla” birichinata–dispetto. Andatura saltellante da fanciullo con ascendente in anziano artrosico. Lo sguardo da furetto era pronto a cogliere il saluto “richiamo” di Camilo er saramé o di Fredin il ciclista, di Berto dra Tabachina o di Gidio dr’osto dra Farmacista. Questi li salutava cambiando passo e slegando le mani che teneva dietro la schiena ,un po’ per bilanciare la postura e un po’ per ubbidire a Limpia che uscendo di casa gli aveva detto ”Gaote sé man dan sacocia che t’jè scianchi e èt fèi ra figura der fagnan” (Togli le mani dalle tasche che le strappi e fai la figura dello scansafatiche)Tutto sommato, Vigin sentiva i consigli” dra comandoira” anche perché aveva verificato che  qualche modo garbato lo aiutava a vendere uova e tome, alle madamin del mercato di Porta palazzo a Torino. Aveva altri modi per richiamare la loro attenzione:  urlava “Venite madamine che mi son Vigin èr fìi dèr frèl dèr farinèl, col che con r’aso ‘d Pinèl o vèndiva èr tome an piassa Castèl!(Venite signore che io sono Vigin, il figlio del fratello del “farinello” che con l’asinello di Pinello vendeva le tome in piazza Castello). Le donne incuriosite si avvicinavano alle sue ceste e lui parlando “italiacano” presentava le sue uova e le sue robiole.

Quando incontravano Don Antonio, lei si fermava per attendere:< “mè om” ( mio marito”)> che mettesse mano alla “Porila” (baschetto) in segno di deferenza , e intanto giungeva le mani e con un inchino della testa recitava :”Sia lodato Gesù Cristo”. Vigin,con un ghigno tra il dispettoso e il rispettoso non si capiva cosa farfugliasse ma lo si può immaginare!

Ben distinto era invece il saluto che rivolgeva a Felicin er maslé che da buon nostalgico gli alzava la mano destra. Era il gesto che proponeva soprattutto a chi non era della sua linea politica. Vigin sibilava un “Vatro a pié ‘nter …..” che faceva sorridere gli avventori del Bar di Madama Talina. Limpia in questi casi era già avanti, proiettata verso i banchi del mercato.  

MAURO VERSIO

 Vigin era rimasto bambino, di quelli che una ne pensano e dieci ne fanno. Sulla soglia dei 60-65 anni d'età ebbe un incidente con la sua Ape carrozzetta e salvò la pelle per miracolo. Dopo una breve convalescenza , riprese la sua attività e, dopo mille raccomandazioni,tornò a far visita ai suoi affezionati clienti di Nichelino,Testona Moncalieri,Torino città. La merce la sistemava in due capienti "cavagne" di vimini, diventate insufficienti rispetto alle richieste.Da due passò a quattro, per tre -quattro giorni alla settimana.Si dice che madama Limpia,visti i risultati, si fosse insospettita.Il suo Vigin non gliela diceva giusta. Senza dirgli nulla lo fece pedinare da alcuni conoscenti di Torino che,nel giro di pochi giorni,le riferirono che il suo Vigin,non solo aveva affittato,a Nichelino, un piccolo magazzino come deposito per la merce trasportata in treno,nelle cavagne appunto, ma anche un' Ape carrozzetta, simile a quella demolita nell'incidente, per le consegne in centro città. La sera stessa della scoperta Limpia si preparò ad accogliere il suo Vigin con qualche attenzione di troppo...(Caro Beppe,mi sono permesso di continuare il tuo racconto,a modo mio,per quanto ne sapevo, un racconto a quattro mani...)

 

LILIANA RATTI

Oh...Beppe....mi hai riportata indietro di 60/62 anni....io abitavo vicino a loro e d'estate di sera, in estate, ci trovavamo da Talin ed Gaia con tutti i vicini e che...ghignate...con Vigin....Ci facevamo sempre raccontare che...lui andava a dormire dopo Limpia perché quella volta che era andato prima di lei.....:.Limpia non lo ha più trovato nel letto e alla sua richiesta "anduva seti Vigin" (dove sei Vigin)...lui rispose " sun an sa guardaroba che mang i pum"( Sono sull’ armadio che mangio le mele).....non avevamo bisogno di “Colorado”.....per passare un'ora in allegria...grazie per avermi riportato indietro....a quei tempi.e di aver risvegliato in me dolci ricordi....

                         PREMIATA SALUMERIA PANETTERIA REVELLO VEDOVA GIUSEPPE





REVELLO GIUSEPPE  FENOCCHIO MARIETTA
Felicin, Onorina, Olga,

VIGIO ÈR PANATÈ ‘D RÈVÈL

 

Effettuava brevi apparizioni all’angolo della casa della Bottega dei Revello. Il viottolo era quello che portava al cortile del Forno e del mattatoio di Lucio e Felicin e poi al piazzale della Chiesa di San Giuseppe.  Vigio era il panettiere aiutante di Lucio e Maria genitori di Edda e Ugo. Bustina bianca da panatè in testa, faodarèt(grembiule) arrotolato in vita. Era richiamato dalla campanella del passaggio a livello, si appoggiava con la mano alla recinzione della ferrovia e aveva il tempo di salutare il Dott.Velatta sulla Topolino grigia e Don Toso sul Motom Delfino e mentre transitava il treno, scappava a controllare il pane nel forno. Salutava i macchinisti della vaporiera che sembravano più neri ancora al suo confronto, sempre infarinato.  Mentre il treno spariva nella galleria lui era già nel Pastin!

 

Eccolo che spunta puntuale con il discendere delle sbarre del passaggio a livello che segnalano o l’arrivo o il passaggio di un treno. Non è un ferroviere, è Vigio il panettiere di Lucio ‘d Revel.

Esce dal portone del cortile che dà sulla strada della Chiesa, ma lui non va verso la Chiesa , viene verso la provinciale e si appoggia all’angolo della casa. Rimane per pochi minuti, e poi via lesto a dare un’occhiata al forno. Se non è ora di sfornare ritorna sul “canton”a “fè babola”( a far capolino) a salutè Nino “ er feroviè” che sfreccia in bicicletta nel sentiero vicino alle rotaie verso la galleria per girare lo scambio. A volte, al tabellone delle pubblicità fissato alla barriera di cemento della strada ferrata, c’è da leggere un manifesto da morto oppure di una festa di paese che sta affiggendo Abaldo il tipografo, allora bisogna fare attenzione perché nel forno c’è il pane che non aspetta e Abaldo “o rè un co ra conta vronté”(è uno che si ferma a raccontare volentieri). Se lo vedi correre via è perché sta per scadere il tempo di cottura. Con la sua bustina bianca da copricapo che pubblicizza il fornitore di lievito, la camicia infarinata e i pantaloni a quadrettini bianchi e grigi per mimetizzare la farina, sembra un folletto dei boschi: Ora c’è ora non c’è più.

Di lavoro ne fa tanto Vigio, perché con la scusa che ha tempo, aspettando “ra cocia dra fornà”(la cottura dell’infornata), lo chiama Lucio per buttare le fascine sulla cascina per far fuoco, lo chiama Maria : “ <svoidme sa gavia Vigio per piasì”>  Lo chiama Ginota,”fomra der maslé”(moglie del macellaio :<Vigio , per piasì porta sa tripa a Felicin.>

Sempre con quel passo veloce riesce a far tutto con un sorriso senza mai perdersi in chiacchiere, o se c’è na madama o madamin la saluta andando via scusandosi e dicendo “Ca me speta in moment”( mi aspetti un attimo) poi a volte quando torna sono andate via , ma lui sorride, sa che loro sono comprensive, il suo lavoro è così!

Dopo avere sfornato il pane bisogna pulire il forno e passare lo “  pnass” . Nel pomeriggio Vigio andava a fare un sonnellino , poi preparava un po’ di “torcèt , panin e galucio “. I grissini li preparava il mercoledì, così eran pronti per il giorno di mercato. Madama Marietta “ ra Fnouia” che era nata a Trezzo e a restava( era) ra mama ‘d Lucio e Felicin, quando preparava i grissini lo andava ad aiutare a stirarli e gli dava consigli su quanto olio doveva mettere. Quando eran  cotti ne prendeva due ancora caldi e si metteva a sedere sulla sedia di vimini che Maria poneva davanti al negozio. Alle donne che entravano in negozio diceva: I ghèrssin ‘d Vigio rièss fina a mangeie mi che son sènsa dènt!”.( i grissini di vigio riesco a mangiarli anch’io che sono sdentata) 




Nessun commento:

Posta un commento