domenica 14 settembre 2025

GIACOSA GINO NEVIGLIE 1926

 





              GIACOSA LUIGI 1926 NEVIGLIE



Noi Giacosa di “Rivaèrta” eravamo 3 fratelli: Nibale,io e Mentore.

Mio padre Giacosa Pasquale


tornò dalla Grande Guerra gravemente ferito ad una mano. Era nel Battaglione “Genio Militare” e andava in prima linea a preparare le trincee, fu colpito da una scheggia di “snapples” che gli fracassò una mano. Quando cambiava il tempo la mano gonfiava e gli procurava un dolore terribile. Ciò nonostante non ricevette nessuna pensione di guerra.

Noi del 1926 ci chiamarono ancora soldato ma non ci presentammo!

Io con Dino Fogliati, mio vicino, che era ci nascondevamo sempre perché avevamo saputo che se ci prendevano i nazifascisti o ti mandavano sul fronte di Cassino, o ti mandavano con la Todt a lavorare sulla ferrovia con il moschetto a tracolla, o peggio rischiavamo la fucilazione alla schiena. Noi i fascisti non potevamo vederli, ma con i rastrellamenti eravamo veramente a rischio. Pensai anche di andare con i Partigiani e mio padre che conosceva Gildo Comandante dei Partigiani Verdi Giustizia e Libertà, perché era stato in guerra con suo padre, andò a parlargli. Lui però gli disse che per il momento era meglio se rimanevo a casa a disposizione. Per mio papà fu meglio così perché potevo continuare ad aiutarlo in campagna, ma passammo dei momenti veramente di paura. Lui con la sua mantellina da Alpino della guerra del ‘15 faceva la guardia se arrivavano da Neive,  perché sti fascistoni esaltati erano anche a Neive. Una volta andammo a nasconderci in uno Rian e rimanemmo due giorni, poi tornammo a casa perché avevamo fame ma il padre vide che i nazifascisti erano già in Valgranda e ci consigliò di scappare nuovamente. Venne anche mio fratello Mentore perché anche se più giovane rischiava di essere preso .  Andammo verso il Tanaro con l'idea di andare a Magliano ma il traghetto non funzionava perché Tanaro era troppo "grosso".

Un' altra volta dormimmo ai Toninet e appena mettemmo piede in cortile a casa, papà ci mandò via perché erano già in Rivaerta. Andammo   in una “Tampa” poco lontana da casa che aveva tutte “gazìe” acacie attorno e ci immergemmo in quell'acqua fino al petto nonostante fosse a Dicembre! Ricordo che arrivò il cane di mio fratello più giovane andato per tartufi. Sto cagnèt si mise ad abbaiare girando in tondo attorno alla fossa. Fortuna che la mamma riuscì a distrarre i fascisti che se ne andarono con un fiasco e qualche salame. Mamma aveva fatto bollire una gallina per scaldarci , ma non riuscimmo a mangiare, ci fu un altro allarme e dovemmo di nuovo andare a nasconderci. C'era in San Sisto un soldato meridionale sbandato che si era costruito un nascondiglio ma era troppo piccolo per ospitarci tutti. Vennero altre volte sia i repubblichini che i partigiani a cercare armi e nel mentre a portare via qualcosa da mangiare, e noi dovevamo sempre scappare. Da mangiare se ne dava a tutti, ma se ti trovavano armi erano grane. Vi erano poi le spie che non sapevi se erano partigiani o fascisti! Ai Toninet si fidarono di un vicino e gli confidarono che Pinoto aveva portato a casa dalla guerra un moschetto e questo fece venire i fascisti che crearono problemi! Così anche dopo la guerra, tra vicini non si parlarono più! Furono tempi complicati e pensare che per noi che avevamo

17/ 18 anni avrebbero potuto essere i più belli!

NONNO VIGIN GIACOSA   

 Mio nonno Luigi che rinomino, era nato a Motta di Costigliole nel 1854, era analfabeta ma grande lavoratore. Mi raccontava che aveva visto Garibaldi salire sul treno a Motta ed aveva i pantaloni con un “tacon sul culo”!

Quando aveva una sessantina d'anni si caricava in spalla una Cavagna da Pan con trenta kg. di uva “Lignenga” Luglienga e partiva da in Rivaerta a piedi. Faceva una pausa a Tre stelle e una alla Madonna degli Angeli, andava a venderla in piazza ad Alba. Acquistava un etto di acciughe e tornava a fare colazione a casa! Mi diceva sempre di studiare, ma io non lo ascoltai frequentai la quarta e poi la quinta la feci serale ormai già grande.

IL PERIODO FASCISTA

Al tempo della guerra quando ero bambino "avanguardista" si andava a Neviglie a fare esercitazioni e ci avevano insegnato a smontare il "Moschetto". Ricordo che in un'occasione ci schierarono e ci  passò in rassegna il Dott. Velatta e altri due fascisti di Neive.

Nel 1944 invece, per un rastrellamento arrivarono in Rivaerta nientemeno che i terribili Gagliardi e Rossi. Cercavano dei Partigiani e misero al muro anche i ragazzini come mio fratello Mentore di 12 anni. Dissero che se non parlavano li avrebbero fucilati. Mia madre e le altre mamme erano disperate e i ragazzi spaventatissimi. Meno male che l'autista repubblichino, impietosito, per tranquillizzare le mamme si avvicinò alla mia e le sussurrò: < non preoccupatevi, non uccideranno nessuno, vogliono solo spaventarli!> Fu così, ma riuscirono a terrorizzare tutti. Portarono via tutti gli abiti da uomo che trovavano. A me presero la giacca con la coccarda della Leva. Dissero che non avevano preso i figli ma avevano i loro vestiti! Meno male che mia madre previdente era andata Mango a piedi a comprare la stoffa e aveva fatto venire da Neive il Sarto Mabile Giacosa per realizzarci pantaloni e giacca. Erano tempi brutti anche a causa delle spie. Noi nei dintorni ne avevamo uno che  ce ne combinò parecchie. Oltre ai vestiti avvisò i fascisti che avevamo una bici e questi vennero a requisirla. Era una bellissima Washington. Mio padre, quando vide Pietrin scendere dalla "scurssa" 'd Raimond disse : tardo nèn a rivé! ( Intendeva i fascisti) Ed infatti dopo poche ore arrivarono a prenderci la bici!

Un' altra terribile spia fu la maestra, proprio la nostra. Era proprio malvagia dentro. A scuola si faceva portare le canne e provava piacere a farci sanguinare le mani. In quanto a delazioni era terribile. Quando c'erano ancora i Carabinieri a Neive, prima dello sbandamento, andava a denunciare noi renitenti alla leva, o i partigiani. Però il Maresciallo, che era persona corretta, non le dava retta ,non raccolse la denuncia della maestra che era andata a fare i nostri nomi di renitenti e le disse che lui aveva ben altre grane. I suoi carabinieri per proteggerli dagli assalti dei partigiani li faceva dormire da un parente in località “Soc” oltre il Tinella. Se ci avessero presi ci avrebbero impiccati al balcone di Talin!

Allora lei andava fino a Cuneo a denunciare, e poi questi comunicavano ad Alba! Io e Dino andammo una volta sola a dormire in un Ciabot in Castlissan poi capimmo di essere stati visti e andammo altrove. Infatti dopo pochi giorni arrivarono e lo incendiarono. Pensa che dormivamo su delle fascine.

IL TRENO IN TANARO AD ALBA E I

 BOMBARDAMENTI SU NEIVE

 Ricordo il fatto del treno che un Partigiano fece partire dalla stazione di Neive senza macchinista e mandò a saltare in Tanaro dal ponte abbattuto di Alba. 

Ho ancora in mente i bombardamenti che gli alleati effettuarono su Neive. Quando bombardarono alla Stazione di Neive noi ci eravamo rifugiati in cantina in Rivaèrta e da un finestrotto vedemmo gli aerei che si presero r' anviar (l'avvio) dalla collina dei Rivetti e poi lasciarono cadere le bombe che noi vedemmo e poi si schiantarono uccidendo la mamma di Levi Romano, Pietro 'd Toso, Cavallo e ferito altri. Le pietre dei muri della cantina vibrarono com'è vi fosse stato un terremoto. Qui a Neviglie non bombardarono ma qualcuno fu fatto segno di pattuglie . Cesco 'd Rapalin era nascosto con noi, poi decise di prendere un'altra direzione.Fu visto poiché era allo scoperto, e gli intimarono l'alto là. Lui si mise a correre e gli andò bene che non fu raggiunto dai proiettili. Noi dal nascondiglio vedemmo i proiettili che alzavano il terreno attorno a lui.

SCAMPAI ALLE SS

Io in due situazioni ebbi a pochi passi i nazisti delle SS  e mi andò bene! Un giorno ero con mio padre a seminare con l'aratro di legno in un terreno sopra la strada che porta a Neviglie. Vedemmo arrivare da Giovaninèt un' auto militare tedesca. Quando fu nella nostra direzione, si fermò. Io non potevo più scappare e rimasi con le mani attaccate ai manici dell'aratro e la testa bassa. Sentii che chiedevano della Caserma dei carabinieri ma con il cuore a mille rimasi bloccato. Solo quando il padre indicò la direzione per la caserma lzai leggermente gli occhi e vidi che i due se ne andavano ridendo consapevoli di avermi terrorizzato. Effettivamente avevo atteso che mi  chiedessero di andare da loro, ma loro avevano altro da fare e fortunatamente non mi considerarono. Un'altra volta ero a Neive Borgonuovo dall'Ala ,proprio di fianco a dove mise il distributore tuo padre Michelino. Era giorno di mercato, arrivò improvvisamente un sidecar armato che si fermò a due passi da me. A me e a quei pochi attorno si gelò il sangue. Impauriti attendemmo ci chiedessero di alzare le mani ,invece vollero sapere un'indicazione e ripartirono. Ci guardammo, eravamo tutti impietriti e tirammo un sospiro di sollievo.

A fine guerra i partigiani presero la maestra e le tagliarono i capelli a "rascc" ( a zero).

Pietrin invece, temendo di essere ucciso, quando capì  che lo avrebbero solo schiaffeggiato, in preda a crisi isterica urlava piangendo e ridendo:< ancora, datemene ancora!> Per gli spaventi che ci avevano fatto provare, sono sincero sarei andato anch'io a dare loro qualche schiaffo!

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

La Guerra fu terribile e voglio ricordare I miei vicini di San Sisto


L’ALPINO FOGLIATI EMILIO di PIO MARINA (San Donato) E DI GIUSEPPE

NEVIGLIE (CN/I) il 22/08/1921

Contadino

FFAA Regie DIV ALPINA CUNEENSE 2^ RGT

Foto archivio Emiliano Fogliati

 

Il mio amico di fughe dai rastrellamenti. Lui era più esparto perchè era già stato in Guerra in Grecia e Russia

FOGLIATI DINO REDUCE DI RUSSIA MORTO AD ALBA NEL 1961 investito da un’auto.


   FOGLIATI DINO

            


            PIO MARINA      FOGLIATI GIUSEPPE

               









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