< Ricordo molto bene mia mamma Luigina che faceva “lèssija” con il mastello di legno. Metteva la biancheria poi ricopriva con un telo e sopra la cenere, quindi passava e ripassava tante volte l’acqua bollente. Poi portava la biancheria al ruscello o alla tampa per risciacquarla. D’inverno era “dura” poiché la tampa ghiacciava e allora, dove c’era la pietra che serviva da lavatoio si rompeva il ghiaccio e si sciacquava lenzuola ed altro. Ci si portava un secchiello d’acqua calda perché altrimenti ghiacciavano mani e robe!
Beppe Ferraris nacque a Gorzegno nel 1943 da Luigina 1912 nata a Pezzolo Valle Uzzone da Benedetto e Ludovina
Nel 1917, nonno Benedetto morì a causa del “
mar èd Costa” (una brutta polmonite). Lasciò la moglie con Enrico del 1912,
Luigina del 1914 e Michele che nacque dopo alcuni mesi nel 1917.
Nonna Ludovina rimase a
lavorare quell’ettaro e mezzo di terra attorno ad un Ciabot!
Nonna Ludovina era nata a
Vesime e raccontava che da ragazzina andava a piedi fino a Monesiglio per
lavorare in Filanda. Rimaneva una quarantina di giorni lontana da casa e
lavorava in un ambiente malsano e puzzolente.
MAMMA LUIGINA
Nel 1920, ad appena 6 anni, fu
mandata in una famiglia di Bergolo. Il suo lavoro consisteva nel pascolare capre “andava a
scò”.
Naturalmente non ebbe la
possibilità di andare a scuola e trascorse la sua vita da “serventa” fino a 23
anni quando si sposò. Andò presso tante famiglie, ricordava quella di Carretto
di Cairo Montenotte, dove rimase per sette lunghi anni. A vent’anni andò a
Ventimiglia a svolgere un lavoro di Commessa in un negozio di alimentari. Qui
imparò un po’ di lingua francese. Prima di sposarsi tornò a Cortemilia come
commessa e ritrovò, Angelo quel bambino conosciuto quando fu da
serventa a sei anni!.
Si sposarono
nel 1937 e senza festa né viaggio di
nozze andarono a vivere in una cascinotta in frazione Doglio di Cortemilia.
Rimasero solo un anno come mezzadri e poi con le poche masserizie( un letto, un
armadio,un baule, una stufa, un tavolo e qualche sedia) che possedevano, si
trasferirono a Olmo Gentile.
Foto Archivio Primo
Culasso
Rimasero un anno e nel 1939,
altro San Martino a Torre Bormida. Nel 1940 si trasferirono a Gorzegno, Cascina
Robertiero dei Troia.e vi rimasero tre anni.
I BAMBINI D'R'OSPIDAL.
Mamma e papà agli inizi del loro matrimonio effettuarono dei tentativi per avere in affidamento un bambino "abbandonato". Era anche un modo per avere un contributo economico che aiutava nel bilancio famigliare, ma non ebbero fortuna. I primi due bambini risultarono ingestibili e furono riportati all'orfanotrofio. Il terzo bambino del 1936 Raimondo,si inserì bene con mamma e papà, era un bel ricciolino biondo che si fece volere bene. Quando ormai i miei genitori, lo consideravano famigliare, venne la madre per riprenderlo con sè! Mamma la rima volta non lo lasciò andare, poi la signora tornò con tanto di documenti e accompagnata dai carabinieri e i genitori affidatari dovettero a malincuore lasciarlo partire. Si rimase in contatto e Raimondo e la madre tornarono alcune volte a trovarci. Per mia mamma Luigina furono esperienze che la segnarono e meno male che il Buon Dio le concesse di avere anche dei figli suoi.>
PAPÀ ANGELO D'R'OSPIDAL Mio papà Angelo, nato a Torino a nove mesi fu portato a Bergolo e allattato da Ida Viglione insieme ad una bimba. A sei sette anni iniziò a fare il servitò e riuscí a malapena ad imparare a leggere e a scrivere. Mantenne il Cognome della mamma ma nonostante mia madre gli avesse detto molte volte di fare ricerche per sapere chi fosse sua madre, lui non volle mai tentare.
Papà PRESO DI MIRA DAI
NAZISTI.
<Quando nel 1943 vennero i
nazisti e repubblichini a Gorzegno, mio padre era al lavoro in un campo. Una
pattuglia gli intimò di alzare le mani e di andare verso di loro. Il padre,
temendo di essere deportato si mise a correre a zig zag e a saltare da una “piovà”
all'altra. Quelli iniziarono a sparargli ma riuscì a nascondersi in un crotin e
vi rimase tutta la notte. I vicini che avevano assistito alla scena
raccontarono che avevano temuto fosse stato colpito. Tornò al mattino dopo e
disse che mentre correva sotto i proiettili si mise a pregare, anche se non era
religioso.>
1943 NASCITA DI GIUSEPPE
Mamma Luigina era molto
religiosa e vedendo che aveva difficoltà ad avere figli espresse un “voto”: se
fosse stata esaudita nelle Preghiere avrebbe messo nome Giuseppe al primogenito
o Maria se fosse stata femmina.
Nacque Giuseppe che dopo pochi
mesi rivelò essere affetto da rachitismo “èr pé drà crava”. Papà Angelo si recò
da un Settimino di Castelletto Uzzone che gli fornì una cura. Consisteva nel
mettere per mezz’ora al giorno il bimbo nudo, supino sull’erba del prato
davanti a casa e nell’appoggiare sull’addome una pietra piatta non molto
pesante! Il rimedio funzionò e Giuseppe guarì perfettamente crescendo
regolarmente.
Nel 1943 la famigliola si
trasferì nella cascina ”Cà ‘d Nato” di Gorzegno..
Nel 1944 altro trasferimento
nel territorio di Gorzegno in una cascina ad un chilometro di distanza “a cà ‘d
Pignata”
Qui la mamma si ammalò
gravemente tanto che le fu somministrata l’Estrema Unzione, ma grazie al
Settimino di Cessole fu curata con erbe e guarì miracolosamente. Nel 1946
nacque la bimba Luciana e nel 1948 Luciano.
LA LITE “ A Cà ‘D PIGNATA”
La cascina era di proprietà dei Devalle che erano emigrati in America e non avevano più dato notizie. Era disabitata, ma la gestiva Erminio amico di papà Angelo. Insistette molto affinchè i Ferraris vi andassero ad abitarci ed Angelo e Luigina accettarono. Dopo pochi mesi Erminio, in malo modo ordinò che se ne andassero. Il padre non si fece mettere paura e disse che non si sarebbe mosso. Iniziò una lite con intervento dei Carabinieri che non portò a nulla se non ad aumentare le prese di posizione dei paesani. Persino a scuola, Giuseppe fu preso di mira dai compagni che lo insultavano e riportando le parole ascoltate in famiglia lo maltrattavano chiamandolo “Ladro di abitazione”. Il padre non mollò e pur convocato dai Carabinieri che dovevano agire in base alle denunce sporte da Erminio, non si fece impaurire. Si portava in bicicletta il piccolo Giuseppe, per intenerire i Carabinieri, ma si manteneva sulle sue posizioni. Quando i proprietari Devalle si fossero fatti vivi lui avrebbe chiarito, ma finchè avesse potuto lavorare quei terreni sarebbe rimasto. Fu così che la famiglia Ferraris rimase nella cascina fino al 1989.
Giuseppe :< Dopo l'attività
dell’ allevamento dei bigat, in famiglia si decise di tenere lo
"strop" gregge . Per svolgere tale attività occorreva avere il
caprone e ricordo che solitamente lo si acquistava alle fiere, o di Cravanzana
o Castino. Nel ‘56 tardammo ad acquistarlo e dovemmo recarci all'ultima Fiera dell'anno a Mombaldone. Partimmo
a piedi, mio padre ed io che avevo una dozzina d'anni. Riuscimmo ancora a
trovare un bel “Buch” che pagammo ben 15.000 lire a “Ciut” di Lequio Berria.
Ripartimmo per fare ritorno e ci fermammo la notte da conoscenti di Olmo
Gentile. Al mattino riprendemmo la strada per Gorzegno ed arrivammo sfiniti io
e il caprone, invece il padre di 43 anni era ancora pimpante. Il costo del
Caprone era molto alto, a occorre considerare che per per ogni capretta
ingravidata si ricavavano ben due mila lire, inoltre con il latte della doppia
mungitura mamma Luigina produceva delle ottime tome che si portavano a vendere
ai mercati di Niella Belbo il Giovedì e di Monesiglio il Martedì. Il lavoro era
tanto la puzza che si assorbiva a causa del Caprone era notevole, tanto da essere
tenuti a debita distanza quando si andava i paese, ma il lavoro rendeva e
bisognava pur fare qualcosa!
MAMMA LUIGINA
Giuseppe: <A quarantasei
anni Mamma, ebbe una ricaduta della malattia di insufficienza renale. Fu ricoverata
ad Alba e mai smise di preoccuparsi per la sua famiglia. Conobbe una signora di
La Morra e le raccontó delle difficoltà che avevamo a Gorzegno, dell'intenzione
di andarsene dall'Alta Langa e si scambiarono gli indirizzi su di un foglietto.
Mamma fu dimessa, ma dopo pochi mesi si aggravò e raccomandando il figlio più
piccolo alla figlia Luciana lasciò questo mondo. Nel 1961 la signora Pasqualina
di La Morra mandò a cercare i famigliari di Luigina conosciuta in Ospedale per
affidare loro una Cascina ai Plicotti dell'Annunziata. Fu una svolta della
nostra vita per la quale ringraziamo sempre mamma. Inizialmente ci trasferiamo
io e Luciano rispettivamente di diciotto e tredici anni, il padre ci seguí in
seguito. Io non ebbi tentennamenti a lasciare quella casa senza luce e senza
acqua, occorreva procurarsela a una fonte a duecentro metri.
Inoltre era un caseggiato
cadente poiché a causa della prolungata lite e delle poche risorse non avevamo
mai effettuato riparazioni. Pertanto, pur con difficoltà ai Plicotti dell’Annunziata iniziammo una nuova vita .
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