MAESTRA Bruna Veronese Protto infanzia a Pezzolo Valle Uzzone e Perletto, poi a Feisoglio. Da 74 anni nelle Langhe.
Nata a Cittadella(Padova) Il
nonno paterno fu il factotum del Marchese Camerino di Vicenza, ma in seguito
alla prima guerra Mondiale i Marchesi decaddero e la famiglia del nonno (tutta
al servizio dei Camerino) si disgregò .
La mamma Emilia Mattiello (di
Anacleto) del 1905 a vent’anni andò sposa in una famiglia numerosissima dove vi
erano cognate e cognati da sposare. Con due bimbi piccoli comprese che non
avrebbe avuto futuro e così convinse il marito, partirono con un baule al
seguito, Brunetta di un anno e il fratello di due, andarono a Pezzolo valle
Uzzone da mezzadri presso una cascina dove il proprietario li aiutò molto.
Vissero nella miseria ma non fecero mai la fame, poiché la mamma sapeva come
ricavare il mangiare dai prodotti della terra.
LA GRANDE MAMMA EMILIA
Mamma Emilia alla festa degli 80 anniMamma Emilia Mattiello rimase
orfana che era piccolina. Il papà aveva un fratello, che morì in guerra e ne
sposò la moglie così ebbe molti fratelli della seconda mamma e solamente
Florindo della prima moglie.
La mamma si “arrabattava”,
svolgeva tutti i mestieri, cuciva ed essendo stata inserviente all’Ospedale di
Vicenza sapeva svolgere molte attività. Si fece subito apprezzare per l’abilità
e la disponibilità, così tutti le chiedevano aiuto. Certo non la pagavano per
le sue prestazioni però la retribuivano con prodotti della terra: frutta
verdura, uova o un pollo, e questo era utile per sfamare la famiglia. Abitavano
tra Pezzolo e Bergolo e,ricorda Brunetta: <mi mandavano a prendere il pane a
Pezzolo e tornando ne mangiavo una pagnotta, anche se avevo solo 5 o 6 anni,
astutamente la mangiavo tutta intera per non lasciare pezzi che mi avrebbero
tradita, mamma se ne sarebbe accorta! >
Comunque la fame non la fecero
mai, poiché mamma anche in periodo di guerra, quando mancava tutto, preparava
il ”tortlòt“ Tortino di patate sulla stufa, o le cucinava in altro modo. La
ricorda che tornava sempre in casa con il grembiulino pieno di erbette o frutti
della terra. Li tirò su così, con tanti sacrifici preparando il mangiare con
una zucchina, fagiolini , patate e dice:< non credo lei abbia mangiato tutte
le volte che ebbe fame! Pur di sfamare noi!>
Purtroppo ci furono periodi
che quando avevano allevato qualche pollo o gallina arrivavano i fascisti o i
partigiani e glieli portavano via. Si cercava di nascondere qualcosa ma era
anche pericoloso!
Mamma fu sempre risoluta, lei mancò a 96 anni papà finì i suoi giorni ad 80 anni. Quando fu da sola andò ad abitare con un figlio a Santo Stefano Roero ma si vergognava ad andare a ritirare la pensione e più di una volta disse: <chissà se me la sono guadagnata questa pensione!>.
Attilio, Bruna, fratello Fausto e sorella Clorinda (infermieri) sorella minore Faustina ..mamma Emilia in visita ai due figli infermieri presso l'ospedale di Chieri.Il papà, Davide proveniva da una grande famiglia
del vicentino
(I Veronese avevano avuto 12
figli ma solo 7 erano viventi, e un figlia morì di Spagnola.) Era una famiglia
che grazie al lavoro dal Marchese stava bene.
Tutti( zio Mario, zio Gino,
zio Rino, zio Luigi ecc.)
erano al servizio dei Marchesi
e il papà apprese tanti mestieri. A Pezzolo e poi a Perletto si rendeva utile
in tanti lavori e soprattutto, essendo stato
addetto alle stalle, veniva chiamato per dare una mano nei parti o nella
cura degli animali. Anche lui veniva retribuito in natura. Grazie a ciò la
famiglia potè tirare avanti facendosi benvolere e senza fare la fame.
Quando era in Collegio e
veniva a casa per qualche giorno sentiva papà che diceva alla mamma: <
facciamola venire a casa, così ci dà una mano, io sono stanco!> Mamma più
giovane ed energica gli rispondeva: < vai, vai va ancora a vendere questi
due polli per pagare la retta, facciamo ancora uno sforzo per alcuni mesi e poi
vediamo. Il suo obiettivo era fare in modo che Brunetta si diplomasse, e ci
riuscì.
In famiglia erano cinque
figli: un fratello del 1926,andato avanti a 95 anni, lei del 1927 una sorella
del 1933, un fratello del 1935, e la sorella minore del 1940.
PAPÀ ACQUISTÒ UN “CIABÒT”
Papà del 1901 partì ancora per
la guerra del 15/18 e perse un occhio rimanendo invalido. Percepiva una
pensione di 150 Lire al mese che permisero di acquistare il Ciabòt e i
manufatti per ripararlo. 5 Lire al giorno per quei tempi erano un buon aiuto.
Bruna nel cortile della casa di Perletto
Acquistò un “Ciabòt” (Casupola) a Perletto, ricorda Bruna: <era proprio malridotto! Ci pioveva dentro da tutte le parti!> Grazie anche alla vendita dell’oro che mamma Emilia aveva ereditato quale unica figlia orfana, fu possibile acquistare i coppi e rendere abitabile il Ciabòt. Furono tempi duri , ma la guerra livellò! , e così si era tutti poveri. Il peggio arrivò dopo la guerra quando mancavano i soldi per acquistare i prodotti che gli americani avevano procurato. La mamma, povera donna faceva i salti mortali, lei riuscì a crescere tutti.
MAESTRA Bruna con Sonia figlia di un vicino di casa a cui
era morta la moglie di tisi...nonna Emilia l'ha cresciuta fino a 18 mesi e poi
restituita al papà.
VOLEVO DIVENTARE MAESTRA
Fin da piccolina le piaceva la
scuola e voleva diventare maestra e così la sua insegnante e il Parroco
prepararono le richieste per il Collegio. Le fecero ripetere la classe quarta e
poi, con la Borsa di studio, fu inserita in Collegio dove rimase fino a
diciassette anni. La Mamma aveva frequentato la terza elementare e il papà non
l’aveva neppure terminata. Papà aveva però il dono di una mente matematica.
Andava al mercato a Cortemilia e tornando a casa realizzava mentalmente il
conteggio di quanto aveva ricavato e speso. Lui la aiutava nell’aritmetica e
mamma nei “Pensierini”!
IL COLLEGIO
Ha un brutto ricordo del Collegio, poiché chi aveva i soldi era meglio trattato e lei che aveva avuto la borsa di studio era poco considerata. Le Suore erano poco caritatevoli poiché “spinte” in Convento, contro voglia, per avere meno bocche da sfamare in casa. Rammenta che parecchie Suore al termine della guerra uscirono dal Convento.
Bruna con la classe del collegio..
BRUNA E L’AIUTO NEI LAVORI
Chiedo a Maestra Bruna se
aiutava i genitori: < Oh sì, quanta feuja reu sborà! (quanta foglia di gelso
raccolto!) I bachi si tenevano poiché erano la prima entrata di guadagno per la
famiglia. Nel 1940 venni a casa per l’estate e la guerra era iniziata il dieci
di Giugno. Avevamo un’oncia e mezza di uova di bachi Andavo sulle piante di
gelso prelevavo la foglia e riempivo i sacchi, poi però non ce la facevo a
portarli a casa e così veniva il papà a prenderli.>
Quando nacque l’ultima mia
sorella fu il tempo della Fiera di Cortemilia e mio papà non poteva andare a
vendere i Cochèt (bozzoli) e così mandò me, a quel tempo avevo tredici o 14
anni. Mi mandavano anche a vendere una cesta di uova e tome che produceva la
mamma. Le faceva soprattutto per la famiglia ma ne vendeva anche. Le preparava
inizialmente con il latte della mucca, poi si procurarono anche due pecore e
una capra e aumentò la produzione. Andavo sempre io al mercato>
L’ALBERO DI NATALE
SORELLE E FRATELLINOMaestra Bruna si sovviene
dell’albero di Natale che preparava lei con il fratellino:< Papà ci tagliava
un pinetto e ci comprava qualche mandarino per decorarlo. Non riuscivamo mai a
mangiarli! Poiché li foravamo per infilare il filo per appenderli e così
marcivano! Ma eravamo felici anche solo di guardarli!>
IL PERIODO DELLA GUERRA
Maestra Bruna ha il triste
ricordo dei 13 Partigiani uccisi a Perletto e pure vide quelli che uccisero al
Ponte. La visione dei corpi di quei giovani partigiani è sempre nella sua
mente! La guerra fu una cosa terribile e, ribadisce: <fu difficile da giustificare
chi sparava dalla torre per poi fuggire e lasciare la popolazione nelle grinfie
dei nazifascisti!>.
Lei aveva 13 anni quando
iniziò la guerra e 18 quando terminò ma ne vide di tutti i colori. Proprio
negli anni della guerra lei era in collegio ad Ovada. Nel 1944 siccome Ovada
era molto esposta ai bombardamenti essendo tra Alessandria e Genova, il collegio
fu chiuso e lei tornò a casa. Quell’anno lì andò a lezione a Cortemilia da
Insegnanti che erano sfollati da Genova. Anche in questo frangente, la mamma
fece tanti sacrifici per mandarla a lezione. Andava a piedi e la mamma le
preparava un panino con il pane nero e un uovo fritto che mangiava tornando per
quei sentieri. Mangiava e studiava e nel 1945 riuscì a diplomarsi.
RICORDI DA SUPPLENTE E MAESTRA
Iniziò come Maestra Supplente
a Bruceto di Cortemilia, poi a Gorrino, a Castelletto Uzzone, a Cravanzana dove
conobbe il futuro marito Attilio Protto, quindi a Borgomale, e poi di ruolo a Feisoglio a 22
anni nel ’49.
Agli inizi della carriera e
anche per gli anni successivi, il lavoro di maestra consisteva principalmente
nell’insegnare a far di conto e a leggere e scrivere per far la propria firma.
I genitori erano quasi tutti analfabeti e con mentalità maschiliste. Lei e il
marito Attilio faticarono molto a cercare di convincere i genitori a far
procedere le bambine negli studi! I maschi dovevano “studiare” ma le femmine
dovevano solo maritarsi presto e “nei soldi”! Incontrarono molta resistenza
anche nelle famiglie che avevano possibilità economiche e in molti casi
dovevano addirittura faticare a farli frequentare fino alla classe terza e poi
quinta. Prima vi era il lavoro e poi se rimaneva tempo li mandavano a scuola!
Alcune ragazzine per le quali la Maestra Bruna e il marito Attilio( che per la
sua disponibilità ad aiutare, da tutti fu chiamato “Maestro” anche se non ebbe
la possibilità di diplomarsi poiché il padre non gli fornì i soldi per gli
studi!) riuscirono a convincere i
genitori a proseguire gli studi, riconoscenti, a distanza di tanti anni passano
a salutare e a ringraziare la loro Maestra.
Maestra Bruna ricorda i sacrifici dedicati alle bambine e ai bambini, ma anche le soddisfazioni che ottennero. In particolare racconta di un bambino che arrivò da un orfanotrofio e impiegò parecchio tempo a non coprirsi nel gesto di ripararsi dalle botte quando la maestra gli si avvicinava per accarezzarlo. La figlia di Bruna, Mimma rammenta la gratitudine degli occhi dei bambini che d’inverno arrivavano dalle cascine più distanti fradici ed infreddoliti e ringraziavano la maestra che lasciava la scolaresca per salire a prendere abiti asciutti dei propri figli. Lei nell’ascoltare, si intenerisce e con naturalezza dice: “pòrè maznà ! se non davo io qualche attenzione e un po’ d’affetto non ne avrebbero avuto da nessuno!>
Bruna con una delle due scolaresche di Feisoglio
Un ultimo ricordo lo ha
raccolto lo scrivente da una sua ex allieva di ormai ottant’anni: Romana mi
disse: < oh se vedi la mia Maestra dalle un abbraccio e ringraziala per
quanto ha fatto per noi bambine e bambini di quei tempi. Era severa ma giusta! La
ricordo quando non molti anni fa sentii la sua voce che proveniva dalla Chiesa
e la vidi intenta a insegnare il Catechismo ai nipoti dei suoi ex allievi!>
Buon Cammino Maestra Bruna
anche se hai le gambe dolenti! Sappiamo che tu comprendi il significato del
saluto!
Appendice:
Caporale 3 Reggimento Cavalleria 25 12 1918
Ospedale Da Campo N.
178 per Malattia
Bruna con una scolaresca di Feisoglio in gita in Belbo e allevamento di castori
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