https://youtu.be/8rlHAf-4lkg Mio padre commerciante
https://youtu.be/xd8UVh1uT20 Sfollata da Torino
https://youtu.be/iFTuyq9feiw Il delatore Squassabia e mio marito deportato
https://youtu.be/7u_RN8fVQn0 Le SS a Neive
Adda
Oberti nata a Neive nel 1931 da Abbona Beatrice Mango 1910 e da Olimpio (Berto
dèr crave) di Neive 1902, ci narra subito un simpatico aneddoto. Suo padre le
raccontava che il nonno Monsù Bonifacio, prima di concedere la figlia a
Olimpio, si recò dal Segretario comunale di Neive, il Sig. Mentore Stupino
padre di Giacomo a sua volta genitore di Italo, Giulio, Anna per avere
informazioni circa la situazione economica della famiglia Oberti e questi gli
rispose:”sòd pochi ma débit gnun” (soldi pochi ma nessun debito!) “ e per quei
tempi era già indice di una buona situazione.
Il Sig.
Mentore Stupino fu alle dipendenze del Conte Riccardi Candiani Podestà
“illuminato” durante il ventennio fascista.
La famiglia degli Stupino collaborava con le famiglie contadine e in particolare acquistarono il primo trattore “Same” del paese, in società con la famiglia del mio futuro marito Busso Guido 1926 e fratello Pierino 1920.
Mio padre Olimpio Oberti, primogenito di una famiglia con otto figli, quattro ragazzi e quattro ragazze, e otto giornate di terreni, dopo essersi sposato, comprese che avrebbe dovuto cercare un’altra fonte di reddito per la sua nuova famiglia. Trovò subito lavoro alla F.I.A.T. come Tornitore e dopo un po’ di “pendolarismo” (dopo due o tre mesi) si trasferì con con me e la mamma. Abitavamo nei pressi di Porta Nuova, dove rimanemmo fino al 1942 quando aumentarono i rischi a causa dei continui bombardamenti.
BOMBARDAMENTI A TORINO
Avvisati
dagli allarme, si scendeva anche due volte per notte per correre nei “rifugi
antiaereo”! Papà e mamma con me undicenne, scelsero di tornare a vivere ai
”Bordini” di Neive dove la famiglia paterna si era ridotta di numero, poiché le
zie si erano sposate e un fratello era in guerra. Il lavoro per tre uomini era
adeguato e si viveva con molto meno che nella città.
Mio padre, per arrotondare i proventi, iniziò a “negossié” (commerciare) pecore e capre e nonostante vi fosse l’autarchia( il principio economico in base al quale una nazione deve essere in grado di produrre autonomamente tutto ciò di cui ha bisogno) e si dovesse consegnare una parte del grano allo Stato e vi fosse “la tessera” per il pane, in campagna ci si arrangiava!
Il papà
percorse tutte le Langhe fino a Cravanzana e oltre, sempre a piedi, per
acquistare e vendere pecore e capre. Quando poi aveva molti animali da portare
a vendere ad Alba allora le faceva trasportare con il camion da Italo Carbone.
A Neive
si visse abbastanza tranquillamente, finchè con l’arrivo delle SS, informate di
tutti i nominativi dei giovani di leva o Partigiani, dal Fascista Squassabia,
iniziò un periodo veramente doloroso. Letteralmente i nazifascisti
“RASTRELLAVANO” casa per casa di borgata in borgata. Alla borgata Balluri
arrivarono alla Cascina dei Busso e con l’elenco alla mano chiesero fossero
consegnati il figlio Pierino del 1920 e Guido del 1926, rispettivamente mio
cognato e mio futuro marito. Se non li avessero consegnati, avrebbero
incendiato la cascina. Pierino fu poi rilasciato, ma Guido di neppure 18 anni
fu portato in Germania dove fu adibito a Custode di cavalli. Raccontò di aver
patito la fame e il freddo, ma riuscì a sopravvivere e a ritornare a casa sia
pure in condizioni pietose. Siccome il mangiare era pochissimo, di notte
cuoceva delle patate recuperate a rischio della vita e le nascondeva nel fieno.
Trascorse i 6 mesi di prigionia(dal Dicembre 1944 a Giugno 1945 indossando un
paio di zoccoli rappezzati e vestiario inadeguato! )
Insieme a Guido furono presi prigionieri e inviati in Germania anche Agnelli Aurelio ed Egidio “I VIGHIN, portoné “ (TRAGHETTATORI DEL PORTO SUL TANARO) che abitavano alla Cascina Piana con le sorelle Clelia e Ida.
AGNELLIEGIDIO
BUSSO PIERINO
BUSSO
GUIDO
OTTO
DICEMBRE 1944
L’otto Dicembre 1944 Festa della Madonna Immacolata, io, come “Figlia di Maria” andai in Chiesa
in Capoluogo per la funzione celebrata dal Parroco Don Bollano.
Parroco Don Bollano
All’uscita
trovammo un gran numero di Soldati delle SS e fascisti. chiedevano a noi, donne
e ragazze dove fossero i giovani e gli uomini e ci impaurivano dicendo che
avrebbero bruciato tutto. A me un militare armato si parò davanti e mi chiese: <Dove essere
falegname che prepara le bare?> e sghignazzò. Io lo evitai e rapida presi la
strada di casa.
Don
Bollano aveva provveduto a nascondere un buon numero di giovani nelle cantine
sotto la Chiesa e nel campanile. In quei periodi in tutte le case si era
provveduto a costruire dei nascondigli mimetizzati per utilizzarli quando vi
erano i rastrellamenti. I nazifascisti, che erano in gran numero si
sparpagliarono per le frazioni e andavano a colpo sicuro poiché avevano gli
elenchi dei giovani avuti dal delatore Squassabia e cercavano soprattutto il
“il RIBELLE PIPPO”(Capo dei Partigiani che aveva una sede alla Cà Neuva e un distaccamento
ai ”Macolin”!
Revello Angelo "Pippo"
REVELLO ANGELO 30/04/1925
NEIVE (CUNEO) -
Nome di
battaglia PIPPO
PARTIGIANO 21° BRG
MATTEOTTI
Prima formazione FORM
VALVARAITA
PARTIGIANO Dal 01/09/1944 Al 13/05/1944
COMANDANTE
DISTACCAMENTO Dal 13/05/1944 Al 15/12/1944
Ricordo che dicevano ai
giovani che prendevano prigionieri, che se avessero consegnato “Pippo”, loro
avrebbero lasciato il paese. Era ricercato da tempo ma riusciva a sfuggire
anche con travestimenti e beffe che innervosivano moltissimo i fascisti e i tedeschi.
“Pippo”, Angelo Revello della Frazione Gallina, fratello di Mentorin dell’Osteria del Capoluogo andò dalla nonna
al “Mattarello” e si fece dare dei suoi vestiti “quefe”(veli da Chiesa e
foulard)per camuffarsi e così girò sempre senza farsi riconoscere e prendere.
La nonna di Angelo “Pippo”(
madre di Vigioto e Settimo Marasso e anche nonna di Leonin dèr Matarèll) aveva
timore che i fascisti lo individuassero, ma lui come “Lulù”( il rinomato Louis
Chabas delle Langhe alte) riuscì sempre a intrufolarsi e a beffarsi di loro.
Un altro triste fatto che
ricordo fu quello che si realizzò nella famiglia B. e G., dove il Padre
militare fascista denunciò il figlio “Partigiano” che fu deportato e morì ad ALSENZ ALSENZ
16
/3/45(probabilmente sotto un bombardamento)( Il 19 ottobre 1944, per il
primo bombardamento sulla Alsenz, nei prossimi mesi seguiti da altri sette. Almeno undici
persone sono state uccise e ferite diverse decine. Il 20 marzo del 1945, gli americani si trasferirono in
Alsenz. La comunità pianse dalla guerra un
totale di 126 morti. Poco dopo, i francesi
occuparono il Palatinato, c'era di nuovo Zwangseinquartierung(campo di lavoro
forzato) truppe straniere.)
I giovani “arrestati” furono
incolonnati e condotti nel Palazzo del Conte. Andai con i famigliari a
salutarli e vi era: Minerdo Renzo, Proglio Secondo, il mio futuro sposo Busso
Guido e il fratello Pierino, i fratelli Agnelli. Erano nelle cantine del Conte
e vi rimasero per qualche giorno finchè non li portarono a Torino. Furono
parecchi i genitori che ricorsero a qualche gerarca neivese per cercare di far
ritornare il proprio figlio a casa da Torino. Non fu questione di danaro,
qualcuno lo rilasciarono ma casualmente.
Un’altra scena relativa al
rastrellamento: Vennero ai Bordini dove abitavamo, presero polli, galline e si
fecero dare da mangiare. Passarono anche dalla casa di Agnella e arrestarono
Pierino. La madre, Ermelinda li seguì urlando e piangendo, scarmigliata e
disperata, implorò quei militari delle SS fino al crocevia del Tosone. Bene,
pur di non sentirla più rilasciarono il figlio. Li ringraziò e stringendosi al
suo Pierino lo riportò a casa. Fu uno di quei casi in cui la disperazione di
una mamma toccò il cuore dei terribili SS.Il giorno dopo uno dei soldati nazi
fascisti che si ricordava di aver visto la sorella di Pierino ai Bordini, la
incontrò che si recava al mulino a macinare una sacchetta di grano, la fermò e
a voce alta per farsi sentire dai passanti le disse:< ehi, dì un po’ che non
siamo così cattivi! Abbiamo rilasciato tuo fratello!>
Furono veramente giorni di terrore, anche se Neive fu salvato dagli incendi e dalle devastazioni grazie all’intervento del Podestà Guido Rocca (padre di Cicci e di Leone) che pur con la carica non abbracciò pienamente l’ideologia fascista e anzi si dedicò a salvare e proteggere i partigiani offrendo nascondiglio e ricovero. I nazifascisti seminarono paura ma cercavano i “Partigiani sfegatati” come Pippo e Mato che furono sempre aiutati anche dai contadini, sfamati e nascosti nei “crotin” costruiti per i propri famigliari ma utilizzati anche dai Partigiani.
VIOLA AMATO 06/04/1898 CERESOLE
ALBA (CUNEO) -
Indirizzo di residenza NEIVE (CUNEO) -
ITALIA
COMMERCIANTE AMBULANTE
Arma FANTERIA Reparto 65° RGT
CAPORALE MAGG.
Nome di battaglia AMATO PARTIGIANO
21° BRG MAT
Prima formazione 21° BRG
MAT Dal 16/12/1944 Al 07/06/1945
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