giovedì 27 luglio 2023

                          VOLPIANO BO GIOVANNA BORGOMALE 1921





https://youtu.be/KRtWAM29GBc          

 

 https://youtu.be/RO7Qb0THUNE          

Giovanna raccontò 

Nella nostra casa avevamo una camera chiamata ”rà stanssia scura”, lì c’era il caminetto” fornèl” dove si faceva scaldare l’acqua per la Lessija e poi, alla sera si facevano cuocere le patate nella brace. Intanto che si aspettava che le patate cuocessero ci scaldavamo lì attorno. A volte venivano le famiglie dei fratelli e delle sorelle e allora stavamo nella stalla perchè in casa non ci stavamo più. Quando veniva mio zio da Monpiano di Cappelletto lui raccontava le storie di masche.

Lo zio viveva a Benevello ed aveva dei poderi e un Ciabòt (casotto per attrezzi e da riparo) nei pressi di Mompiano. A quei tempi si diceva ci fosse nei paraggi una vecchia donna che possedeva il “libro del Comando” e creava problemi ai contadini o passanti che transitavano per la scorciatoia che da Benevello portava alla Cascina Langa e poi a Mompiano e Cappelletto di Trezzo Tinella.

Una volta lo zio si trovò in fondo al Vallone dal quale si risale per la strada di San Bovo e gli successe che si trovò bloccato nell’andatura e non riusciva a procedere. Sentì una voce che diceva:<Girmè antorna due vote e mi ‘t lass andé!(Girami attorno due volte ed io ti lascio andare> Si guardò intorno ma non vide nessuno se non una grande quercia. Si stropicciò gli occhi e si diede due manate in testa per scrollarsi, ma nulla da fare, non riusciva a muovere i piedi e le gambe. Nuovamente sentì la voce, si sedette per riposare un momento, ma quando si rimise in piedi sentì i piedi ancora bloccati al terreno. Dopo essersi guardato nuovamente attorno, sommessamente chiese: <Chi séti? Chi sei?> ma come risposta ricevette nuovamente l’indicazione precedente:<Girmè antorna due vote e mi ‘t lass andé!(Girami attorno due volte ed io ti lascio andare>. Cominciava ad adirarsi ed era già quasi un quarto d’ora che era lì bloccato, si decise di accondiscendere alla richiesta e disse: < và bèn giroma antorna a sa pianta! Va bene giriamo intorno a quest’albero!> Detto questo i piedi si sbloccarono, ma fece per avviarsi nel sentiero e sentì la voce:<fa nèn èr furb! Non fare il furbo!> e si trovò nuovamente inchiodato con un piede avanti e uno dietro. Veramente spazientito esclamò due bestemmie e disse:<sa sa fomra finija, giroma antorna a sa pianta! facciamola finita, giriamo attorno a sto albero!>. Appena sentì i piedi liberi girò una volta attorno all’albero e si avviò, ma fu nuovamente bloccato e sentì la voce:< reu ditè doi gir! ho detto due giri!>, effettuò il secondo giro intorno alla quercia e fu libero di risalire per il sentiero. Continuava a guardarsi indietro e attorno ma non vide e non incontrò nessuno. Quando superò l’arrabbiatura sorrise e sperò di non essere impazzito. Quando arrivò in Serra, incontrò Pasqualin, un anziano suo amico e gli raccontò il fatto accaduto. Questi sorridendo:< pijtra nèn, à rè sà veija malefica ca sè smora e an fà pèrdè tèmp! Non preoccuparti, è quella vecchia malefica che si diverte e ci fa perder tempo!>.

In un’altra occasione, mentre si recava con il cavallo e il carro a portare qualche coppo delle assi e una damigiana al Ciabòtt nei pressi di Mompiano, per effettuare delle riparazioni poiché era grandinato e il temporale aveva guastato vigna recinzione e tetto, e quando arrivò alla discesa della Cascina Langa, per il sentiero carro e cavallo si rovesciarono effettuando due giri. Lui aveva la cavezza in mano, poiché procedeva a piedi davanti al cavallo, ma non vi fu verso di trattenerlo. Mollò la cavezza e il carro e cavallo si fermarono trenta metri più avanti con il carico al posto come nulla fosse successo. Raggiunse il cavallo e il carro e constatò che tutto era in ordine e il cavallo stava bene, non era neppure spaventato! Lui invece raccontò il fatto solo a Giovanna, che era bambina, poiché temeva che gli adulti non gli credessero e lo prendessero per matto.

Zio Pietrin, per giustificare le sue esperienze con la Masca di Mompiano, raccontava volentieri e chiedeva conferma al fratello e ai vicini portando Giovanna e altri bambini alle “vijà” veglie” e diceva : nèh ‘t ricordti cola vota, che vita per porté rà machina da bate èr gran? ti ricordi quella volta, che fatica per portare la trebbiatrice?>

Dovevano trainare con i buoi, la trebbiatrice. Per salire alla cascina del Brich, da Monte Marino vi era una salita molto ripida e dovettero attaccare ben quattro coppie di buoi. Quando furono a metà salita i buoi si bloccarono e non vi fu verso di smuoverli. Provarono ad andare a prendere i buoi di Rapalin, che avevano fama di essere buoi speciali, ma non successe nulla. Neanche a sostituire quelli di Minòt che erano i più deboli perché non li teneva bene, non successe nulla. Tribolarono due belle ore poi dettero retta a Pasqualin , che era il più anziano e da parecchio tempo diceva: <sì jè re man èd Ginassa! Se ra porti nèn sì risolvima gnènte! Qui c’è la mano di Gina la Masca, se non la portate qui non risolviamo niente!> Mio padre che era il più garbato, andò da Gina e la pregò di recarsi dalla salita dèl Brich per risolvere quel problema con i buoi e riuscire a trainare la trebbiatrice nell’aia. La donna fu fatta salire sul calesse e trasportata dalla salita. Appena fu sul posto chiese di rimanere da sola con i buoi e disse agli uomini di allontanarsi. Girò un po’ attorno al traino, quasi a studiare il da farsi, poi chiamò Pasqualin e gli diede le direttive:< beuta sa cobia e ès beu da sol s’atra cobia e ès beu sì e ancora parèi e parèi. Metti questa coppia e questo bue da solo, quest ‘altra coppia e questo da solo e ancora così e così> Quando Pasqualin  ebbe terminato di agganciare tutti i buoi Gina disse allo zio: < ti ch’èt sèi èr pi giovo stà davanti e tèn èr sovastr. Vojatri daré a possé! Tu che sei il più giovane vai davanti e tieni la corda. Voi dietro a spingere>. Pasqualin toccò il primo bue e diede una voce: <euh su!> Questi partirono e trainarono la pesante trebbia come fosse un fuscello. Riportarono Gina al suo casolare e lo zio ricordò che il padre non solo gli diede un barlètt di vino, ma per tenersela buona la invitò al pranzo “ dèr bate èr gran”. Nonostante il Prevosto avesse fatto gli occhiacci al capo famiglia quando la vide, la trattarono come una persona di riguardo e non ebbero mai più problemi. 

 


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