NELLA SIBONA Lequio Berria
LA MEMORIA RACCHIUSA NELLE OPERE DI Papà “Fiori”
https://youtu.be/B9Ui7XrBbDw
Grazie a Nella che mi permette di inserire nella Banca
della Memoria, delle tradizioni e dell’identità dell’Alta Langa il loro grande
papà Fiorentino Sibona detto “Fiori”.
Onorato e felice di effettuare la visita nel museo di
Fiori mi ritrovo immediatamente a collegare l’Artista ad altri ricordi che mi
portano all’incontro che ebbi accompagnato da Nando di Bosia e Arguello.
Successe tanti anni fa e trovammo èr “MÈJ DA BOSCH”, che si addice
perfettamente a Fiori, nel laboratorio di “ Migliore da legno” .
Unisco quel ricordo alle foto di famiglia e opere e mi
avvio in un sogno che vuole Onorare la Memoria di un personaggio che spero
approverà la mia”RETE” di memorie.
Accompagnato da Nando trovo Fiori che nato nel 1904 da
Giuseppe del 1879 e Giovanna Sappa di Roddino, visse un infanzia ai
“Patach“ con le sorelle e fratelli Giuseppina, Caterina, Clemente e Celestina.
Mi piace vederlo intento a realizzare giochi nel semplice laboratorio
“sota èr porti” (sotto il portico)del papà che era sì contadino ma come mi
raccontarono Nando, Dilia, Augusto e molti altri, sapeva realizzare con il
legno, attrezzi ceste mobili e riparare carri e carretti. Fiori sicuramente
osservò il papà Giuseppe nel lavoro e mise in pratica quanto poi consigliò a
Carlo del Brich di Arguello “ Bèjca j’atri a travajé e ar’abzogn ricordètne”.
(Osserva gli altri a lavorare e al bisogno ricordatene)
Nel 1924 Fiori, dopo Avèj tirà èr bijèt vestì la divisa
militare da Alpino e andò soldato fortunatamente senza guerra. Tornò e si sposò
con Giuseppina Destefanis del 1913 ed ebbero quattro Bimbe: Franca che
andò in cielo nel ‘93, Marisa, Nella e Palmina. Non furono tempi facili poichè
la guerra a Lequio Berria la vissero pesantemente. Come raccontano Alfredo
Secco, Sesto Mo, e hanno raccontato Secondina Bosio, Rosa Sibona Travaglio e Amedeo
Castagnotti con l’arrivo dei tedeschi a Lequio si vissero momenti terribili e
si assistette ad atrocità che portarono troppi morti. (Vedi fatti del 29
Giugno 1944 e del Febbraio 1945).
Fiori si rese sempre disponibile a collaborare per le
necessità del paese e come racconta Alfredo Secco figlio di Cento, altro
falegname storico del paese contribuirono a realizzare le casse per seppellire
i poveri resti dei giovani Partigiani stroncati dalla furia nazifascista. Alfredo
ricorda che parecchie persone del paese furono messe al muro per collaborazionismo(costruzione delle casse per la Maestra e i Partigiani uccisi)
e poi salvati dal mitico Dottor Cardone, di cui tutti ricordano la
professionalità e umanità.
Quando la guerra finì Fiorin continuò a essere “ il mèj da
bosch” per le necessità dei compaesani e degli amici dei paesi vicini ed
esercitò anche altre arti quali il fabbro e il barbiere ma anche
“L’affabulatore” e cantore per le sue bimbe. Anche nei periodi più bui e tristi
come ricordarono, i preti che lo conobbero, seppe sempre confortare sè stesso e la
famiglia con la profonda Fede in Dio. Fiorin ebbe da Dio il dono della
longevità che gli permise di godere dell’affetto di molte persone che
apprezzarono la sua gentilezza e disponibilità, e delle figlie e nipoti che
raccontano ai propri figli la dolcezza, bontà e simpatia del nonno Fiorin che
oltre a realizzare per loro “trottole ed altri giochi” insegnava filastrocche e
Preghiere anche in piemontese!
Nei suoi lavori, vere opere d’arte, ha lasciato molti
messaggi che in chi sa leggerli ispirano saggezza e invito ad apprezzare e
rispettare la bellezza della natura e dei suoi doni. Osservare le sue opere è
un arricchimento culturale che fa bene all’anima. Mi richiamano collegamenti di
memorie legati a valori fondamentali quali la semplicità la precisione,
l’espressività.
Grazie Fiori, continua ad ispirarci nel Cammino terreno.
Bona sèira Giaco Tross, le ninssole son pa noz
E le nos son pa ninssole, e j’èmssé son pa le nore.
E le nore son pa j’èmssé , e la tera l’è pà dané
E i dané son pa la tèra, e la paz l’è pà la guera.
E la guera l’è pa la paz, e la boca l’è pa ‘l naz
E ìl naz l’è nen la boca, e lo fuz l’è pa la roca
E la roca l’è pa ‘l fuz, e la fnestra l’è pa l’uss
E l’uss l’è pa la fnestra, e ‘n toch ‘d pan l’è pa la
mnestra.
E la mnestra l’è pa ‘n toch ‘d pan. E la gata l’è pa ‘l can
E ‘l can l’è nen la gata, e ‘l maton l’è nen la mata
E la mata l’è pa ‘l
maton, e la tèra l’è pa ‘l mon
E ‘l mon l’è pa la tera, e 'l mèrcà l’è pa la féra
E la féra l’è pa ‘l mèrca, e lo preivi l’è pà ‘l frà
E lo frà l’è nen lo prèivi, e lo vin l’è bon da bèivi
RACCONTI DELLE ESPERIENZE DI MAMMA E PAPA’ NELLA GUERRA
Anche se era piccola, Nella ricorda molto bene alcuni fatti
del periodo della guerra. Quando i nazifascisti arrivavano a Lequio Berria in
Piazza, venivano subito a controllare il cortile di Fiuri, essendo vicino e
sulla strada. Quegli uomini armati, i loro passi e le loro urla Nella non li dimentica a distanza di ormai tanti anni.
Una volta andarono per uno dei loro “rastrellamenti” alla
ricerca di giovani di leva e Partigiani, ma anche per rovistare in casa e
rubare oro, biancheria salami formaggi e quel poco che avevano. Per evitare che
prendessero loro le poche cose di casa,
mamma e papà avevano nascosto sia biancheria che roba mangiativa dentro un
baule e sopra avevano messo un materasso
che fungesse da lettino per lei.
Mamma le disse di dormire tranquilla e se avesse sentito dei
rumori di fare finta di dormire e non muoversi per evitare che uomini cattivi
mla portassero via! Vennero che lei
dormiva ed entrarono in casa, dopo aver frugato in tutte le camere un
militare sferrò un calcio al baule e chiese cosa ci fosse dentro, lei si svegliò
ma non si mosse, mamma prontamente disse che vi erano abiti e fasce
delle bambine! E aggiunse: <se vuole vedere guardi pure!> e fece per
sollevarla! Ma il tedesco se ne andò! Il bluff della mamma era riuscito!
In un’altra occasione vennero e chiesero dove fossero gli
uomini, e lei disse che suo marito era via per lavoro! In realtà il papà era
nascosto nel solaio al quale si accedeva attraverso una botola della cucina. I
militari frugarono nelle camere, poi uno chiese di vedere oltre la botola! La mamma
gli indicò tremante la scala che aveva realizzato Fiuri e questi la appoggiò e
salì qualche gradino. Quando fu a metà una voce dal cortile ordinò di andare. Alla
mamma e al papà si allargò il cuore! Quando se ne furono andati e mamma comunicò
il cessato allarme il padre scese ancora spaventato e raccontò sempre che lo
avevano salvato le preghiere che aveva recitato. Era un uomo di grande Fede e
sempre insegnò a confidare nel buon DIO
e a pregare.
Il fatto più terribile successe quando i nazifascisti arrivarono
improvvisamente e puntando il mitragliatore al petto di papà gli ordinarono di
fornire loro della legna che doveva servire come carburante per il camion con
motore a fuoco!
Fiori disse che non aveva legna pronta in quel momento! Questi
gli diedero tempo 24 ore per preparare i pezzi della misura che volevano oppure
“kaputt” . Il papà di Nella, sapendo che non scherzavano chiese aiuto alla
gente del paese e tutti collaborarono nel
procurargli dei pali di castagno da segare per i tedeschi! Si mise all’opera
ma quando fece buio dovette fare i conti con “il coprifuoco” e con gli aerei
che bombardavano se vedevano delle luci! Finchè non ebbe terminato, la
mamma Pina e le bambine rimasero con gli
occhi al cielo per avvisare se avessero avvistato o udito bombardieri! La mamma avvistò ben due volte
aerei e si dovette spegnere ogni luce e attendere fossero transitati. Dopo
tanto lavoro, papà ebbe pronto il mucchio di legna per i tedeschi che senza
ringraziare se ne andarono.
Dopo un paio di visite dei nazifascisti Papà Fiori, avendo
sentito che requisivano tutto quello che poteva loro servire, decise di portare
in campagna la sua moto a cui teneva tanto. Chiese aiuto ad alcuni amici del
paese e all’ imbrunire la portarono nei pressi di una cascina di Lequio e la calarono in un “Crotin” , quindi
ricoprirono l’accesso con fasci di legna e frasche. Alla fine della guerra la
recuperò felice e ringraziò Dio per avergli permesso di riutilizzarla.
Nella conferma anche il racconto di Alfredo Secco . Quando a
Febbraio i tedeschi e i fascisti effettuarono la strage di Partigiani e della
Maestra , il medico Cardone chiese a Cento Secco, il padre di Alfredo e a Fiuri
di costruire le bare per i poveri cadaveri. Loro le realizzarono ma quando
tornarono i nazifascisti furono accusati di insubordinazione agli ordini:
avevano detto di non rimuovere i cadaveri! Con La forza i tedeschi trascinarono
in piazza i falegnami Cento con il figlio Alfredo di 15 anni, Fiuri ed altri sette
o otto e li misero al muro. Intanto che si stava per compiere un’altra strage
giunse il Dottor Cardone che si assunse la colpa, se di colpa si poteva
parlare, di aver ordinato ai falegnami di preparare le bare. Tutti furono
rilasciati e poterono tornare alle loro case, ma grande fu lo spavento.