martedì 11 ottobre 2011

DROCCO Carolina e MARIAROSA1910



CAROLINA E LA FIGLIA MARIAROSA

https://youtu.be/KDxpoSvD17I                                               VOLEVO STUDIARE DA MAESTRINA



Angiolina Carolina Drocco di San Benedetto Belbo        classe  1910  
1899 La leva dei "soldati bambini"

Dico sempre che vivo di ricordi (E di….pastiglie!medicine) e ho la fortuna di ricordare da quando avevo cinque –sei anni. Purtroppo sono cose tristi ,perchè ho vissuto la storia di due guerre.
Per quella del 1915 partirono
uomini nati tra il 1879 e il 1899(la leva dei  “soldati bambini “) e tantissimi non tornarono.
                            
Mio zio era del 1899 e a soli 17 anni  perì nella battaglia del Monte Grappa. Ricordo come fosse ieri Zio Gepin, il cognato di mio papà, che pur del 1879 e con quattro figli venne a salutare e a chiedere di” dare un occhio” alla sua famiglia. Non tornò! Ricordo un vicino che anche lui con tre figli venne a salutare e morì dilaniato da una granata. Abbracciando papà che piangeva gli disse : “non tornerò” e fu così.
O polenta o castagne!!
In quei tempi nelle nostre campagne vi erano solo donne, anziani e bambini. Non posso dire di avere fatto la fame poiché da mangiare o era polenta o erano castagne ma si mangiava,certo erano tempi difficili. Per avere qualche soldo per l’inverno si “colatava “ addestrava il bue al giogo e lo si vendeva. Si tiravano a casa fino a cinquecento Lire per le esigenze invernali.Poi c’erano le patate ,che lungo il Belbo venivano proprio belle, si conservavano i cavoli i”poret” porri e con il lardo del maiale si facevano delle buone “bagne” sughi. Mio padre si era costruita una “Topa” Tagliere per tritare la carne di maiale con l’accetta e impiegava una settimana a preparare degli ottimi salami che facevamo durare tutto l’inverno. Poi naturalmente ,ogni famiglia aveva sette otto pecore e un po’ di galline.A quei tempi il merluzzo era considerato “il salame dei poveri”,come anche le acciughe si usavano per la Bagna caoda.Adesso costano più della carne!! Un po’ di vinotto lo producevamo nella vigna che avevamo alla Borgata Moretti. Il papà era orgoglioso della sua vigna e la teneva come un giardino.

La penna e i pennini in premio agli scolari migliori!
 Iniziai la prima elementare a cinque anni anche se la scuola a quei tempi non era obbligatoria. Mio padre, che era analfabeta, diceva:< Non voglio che tu debba vergognarti come succede a me quando firmo con la croce.!> Ebbi la fortuna di avere come maestra la figlia del proprietario della cascina dove eravamo da Mazoè (mezzadro). Nonostante fossi stata ammalata venne a darmi lezioni a casa e non persi l’anno. Ho sempre avuto una buona memoria e la maestra vedendo che imparavo con facilità propose  di farmi studiare da Maestrina ma mio padre piangendo disse che neppure vendendo tutto ciò che possedeva non sarebbe riuscito a mantenermi gli studi. Occorreva andare in collegio a Mondovì  dagli otto ai diciotto anni e pertanto nonostante mi piacesse studiare frequentai fino alla classe terza. Bisogna dire comunque che non avevamo tante materie ma con una buona maestra si imparava a leggere scrivere e fare di conto anche solo nei tre anni. La maestra per invogliarci a imparare ci dava dei premi, certo erano piccole cose: qualche pennino o penna , ma per noi erano importanti. In seguito, quando avevo ormai dieci anni le scuole diventarono obbligatorie e la maestra soddisfatta commentò “Finalmente posso andare a prendere a casa gli allievi che non frequentano! e vanno al pascolo invece di venire a scuola”.





                        La zappa e il badile! Altro che trattore!
                                           
 Il lavoro nei campi era molto faticoso, quando ero piccola vedevo lavorare la terra con il badile e la zappa, poi con i buoi e l’aratro di legno. Occorrevano comunque tre persone, uno davanti ai buoi, uno a toccarli e uno all’aratro. Mio padre fu il primo in paese a comperare l’aratro in ferro che proveniva dalla Germania. Venivano tutti a vederlo e controllarlo, ma non tutti potevano permetterselo.
Quando ero bambina non c’erano le discoteche e la sera papà voleva che si dicesse il Rosario. Per far presto, siccome avevo qualche “fiammetta” che mi aspettava fuori, tentavo di recitarlo mentre lavavo i piatti, ma il padre non permetteva, così prima il Rosario poi i piatti, dopo i” moròsot” fidanzatini che aspettavano entravano in casa e allora si giocava, ed eravamo felici con niente.

STORIE DI MASCHE

LA VOCE DAL BOSCO Dèr monije ( delle monache)  

 Tornando a casa, mio padre incontrò un agnellino nero riccio e proprio bello. Lo sollevò e se lo mise sul collo pensando che qualcuno lo avesse smarrito, e intanto che procedeva gli diceva: sai che sei proprio bello, chissà come ti cercherà il tuo proprietario? Quando fu all’imbocco della strada dei "Muretti" (frazione di San Benedetto Belbo)sentì una voce provenire dal Bosco delle Monije che diceva: ”Eleonora chi è che ti porta?” L’agnellino rispose: ”O re Carlo ‘d Gioanin ‘d pajin” Mio padre si spaventò e lasciò cadere l’agnello che scappò e non fu mai più visto. Si dice che nel paese vivesse una "Masca che faceva sia del bene che del male!"


Garibaldi di Bonvicino : Guaritore- Mascone 

Il vicino di mio padre, avendo male ad una gamba fece venire Garibaldi di Bonvicino che aveva fama di essere un buon guaritore. Questo venne e lo guarì, gli fu promesso che come paga gli avrebbe fatto avere due sacchi di grano. Alla trebbiatura i sacchi non gli furono recapitati e il vicino di mio padre tornò ad avere male alla gamba. Il mio  papà tornò da Garibaldi a pregarlo di venire nuovamente a guarire l’ amico , ma il guaritore disse di riferire che siccome non era stato pagato come pattuito, non sarebbe tornato. Il vicino rimase zoppo fino alla morte, lo ricordo ancora. Si diceva che Garibaldi fosse una Masca e quando fu in punto di morte dovette venire il Prete ad aiutarlo a morire. Dovette bruciare certi libri che Garibaldi possedeva e consultava.

 


STORIE DI VITA NELLA GUERRA 

Anche quando mi sono sposata ho sempre mantenuto la devozione alla Madonna , già avevo Maria Rosa,e avevo l’incarico di dirigere il Santo Rosario alla Cappella che a quei tempi era intitolata a San Luigi e oggi è dedicata al Sacro Cuore. Venivano anche i bambini ,naturalmente per giocare, era l’occasione per stare con gli altri bambini del paese.

Una sera dovevo ancora mungere la mucca e le pecore e dissi a Maria Rosa che non saremmo andate alla Cappella per il Rosario. Lei , chiaramente, aveva piacere di andare per giocare con le amichette e cominciò a insistere e supplicarmi dicendomi che sarebbe andata a mungere le pecore. Figuriamoci, avrà avuto sei o sette anni! , e dopo la mia definitiva decisione di non andare , corse in camera sbattendo la porta. Non aveva ancora terminato di cambiarsi che sentimmo due forti colpi.

 



MARIA ROSA : Io pensai fosse stato il “ pruz” (interruttore della luce a pulsante) che avesse battuto contro il ferro della testiera del letto, seppi poi che erano stati due colpi di arma da fuoco.

 

CAROLINA: In quel periodo i partigiani avevano iniziato a funzionare! Arrivò mio marito e gli dissi se aveva sentito gli spari e se non fosse andato a vedere cos’era successo ma lui più saggio, mi rispose che era meglio non rischiare.

Il giorno dopo portai le pecore al pascolo nel campo lungo il torrente Belbo e il proprietario del prato aldilà del Belbo mi chiamò per farmi vedere che c’era un mucchio di terra fresca con due grosse macchie di sangue. 

SAN BENEDETTO BELBO INCENDIATO DAI NAZIFASCISTI


Il 20 Novembre 1944 arrivarono i tedeschi e bruciarono quasi tutte le case del paese di San Benedetto Belbo Presero in ostaggio 54 padri di famiglia con uno o due figli piccoli. Questo avvenne perché i Partigiani avevano ucciso un colonnello tedesco che comandava i presidi di Alba e Ceva. Dei due militari uccisi con il comandante furono subito ritrovati i corpi, invece il colonnello non fu trovato. Interpellati i Partigiani di Cortemilia dissero di averlo lasciato dove era stato ucciso. Evidentemente fu soltanto ferito e si trascinò nei pressi di quella casa che era lì vicino. Emilio, che abitava in quella casa lo trovò morto e per timore che incolpassero lui dell’uccisione, non disse nulla e coprì il corpo con molto fogliame così che non fu rinvenuto. I tedeschi avvisati che le uccisioni erano avvenute nel territorio di San Benedetto, presero in ostaggio 54 padri di famiglia compresi il Parroco e due giovani, avvisarono gli anziani e le donne che se non avessero consegnato il corpo del loro comandante avrebbero ucciso gli ostaggi e “cancellato dal calendario” il paese di San Benedetto Belbo, non avrebbero lasciato neanche una gallina. Allora ci demmo da fare e avendo saputo che vi era stata una bambina che aveva visto qualcosa, inviammo un gruppo di persone (tra le quali vi era una mia nipote(anche lei già deceduta)  da quell’uomo, di nome Emilio(dico il nome perché è già morto!.  Lo pregarono in ginocchio di dire dove aveva nascosto il corpo del tedesco, ma lui negò sempre. Mia nipote capendo che aveva paura di ritorsioni usò parole dure: <Noi sappiamo che siete stato “voi”(un tempo si usava il voi nel rivolgersi ad una persona anziana) a nascondere il corpo, e comunque ce ne andiamo, sappiate però che 54 padri di famiglia con dei bimbi piccoli saranno uccisi, e voi li avrete sulla coscienza!>. Se ne andarono ma videro che l’uomo entrò in casa e parlò con la moglie, quindi richiamò mia nipote e le altre donne e uomini e disse:<Se mi promettete di non fare assolutamente il mio nome e di non intromettermi in nulla, vi indico dove è nascosto il cadavere, andatelo a prendere e portatelo ai tedeschi!> Un uomo, Emilio Canonica, andò dove aveva indicato e disse di averlo rinvenuto lui casualmente.

EMILIO CANONICA

Tuttavia bruciarono tutto, quel giorno tutta la valle Belbo fu invasa dal fumo e non si vedeva a due metri di distanza. L’odore acre di bruciato ci rimase nella memoria insieme al terrore che ci procurarono quei soldati che con lanciafiamme e bombe incendiavano fienili e abitazioni, entravano e buttavano fuori mobilio e vestiario e come furie distruggevano senza pietà.

Incolonnarono quei 54 uomini compreso il Parroco e due vecchi che poi lasciarono indietro perché avevano già ottant’anni, e li fecero procedere fino alla Madonnina dei Piani passando per le vie del paese affinchè vedessero di cosa erano capaci.

Noi abitavamo nell’ultima casa verso il Belbo e arrivarono alla sera tornando indietro dopo avere bruciato e distrutto tutto. Un soldato mi puntò il mitragliatore alla schiena, ancora oggi mi viene freddo in quel punto a raccontarlo, e mi spinse a entrare in casa. Sempre usando l’arma mi costrinse a girare nelle misere camere e ad aprire e rovesciare cassetti e ripiani dei pochi mobili che avevamo. Io non so cosa cercassero, poi mi sospinse nuovamente fuori e stava per ordinare a un soldato di usare il lanciafiamme, quando intervenne la mia bambina: Rosa. Lei era stata testimone di quelle orribili scene e intervenne staccandosi dalle mie gonne e  lanciandosi coraggiosamente verso il comandante tedesco. Piangendo gli urlò: <….mio zio l’avete portato in Germania, mio papà l’avete portato via stamattina, adesso ci bruciate la casa, ma cosa vi abbiamo fatto?> Quel tedesco, colpito dalle parole di Rosa, fermò il soldato con il lanciafiamme e chiese? < avete documenti?> Rosa rispose correndo a prendere la cartolina scritta dallo zio e proveniente dal campo di prigionia. Il tedesco la lesse, ordinò al soldato di andare e accarezzando Rosa le disse: <non piangere biondina, anch’io ho una bimba in Germania, e non la rivedrò più!> Girò i tacchi e fece per andarsene, io gli chiesi:< dove avete portato mio marito e gli altri uomini?> Lui, non riuscendo a pronunciare Murazzano disse:< …a Mulano!> e noi capendo Milano ci disperammo ancora di più…..

 

 


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