GIACOSA LUIGI 1926 NEVIGLIE
Noi Giacosa di “Rivaèrta” eravamo 3 fratelli: Nibale,io e Mentore.
Mio padre Giacosa Pasquale
tornò
dalla Grande Guerra gravemente ferito ad una mano. Era nel Battaglione “Genio
Militare” e andava in prima linea a preparare le trincee, fu colpito da una
scheggia di “snapples” che gli fracassò una mano. Quando cambiava il tempo la
mano gonfiava e gli procurava un dolore terribile. Ciò nonostante non ricevette
nessuna pensione di guerra.
Noi del
1926 ci chiamarono ancora soldato ma non ci presentammo!
Io con
Dino Fogliati, mio vicino, che era ci nascondevamo sempre perché avevamo saputo
che se ci prendevano i nazifascisti o ti mandavano sul fronte di Cassino, o ti
mandavano con la Todt a lavorare sulla ferrovia con il moschetto a tracolla, o
peggio rischiavamo la fucilazione alla schiena. Noi i fascisti non potevamo
vederli, ma con i rastrellamenti eravamo veramente a rischio. Pensai anche di
andare con i Partigiani e mio padre che conosceva Gildo Comandante dei
Partigiani Verdi Giustizia e Libertà, perché era stato in guerra con suo padre,
andò a parlargli. Lui però gli disse che per il momento era meglio se rimanevo
a casa a disposizione. Per mio papà fu meglio così perché potevo continuare ad
aiutarlo in campagna, ma passammo dei momenti veramente di paura. Lui con la
sua mantellina da Alpino della guerra del ‘15 faceva la guardia se arrivavano
da Neive, perché sti fascistoni esaltati
erano anche a Neive. Una volta andammo a nasconderci in uno Rian e rimanemmo
due giorni, poi tornammo a casa perché avevamo fame ma il padre vide che i
nazifascisti erano già in Valgranda e ci consigliò di scappare nuovamente.
Venne anche mio fratello Mentore perché anche se più giovane rischiava di
essere preso . Andammo verso il Tanaro
con l'idea di andare a Magliano ma il traghetto non funzionava perché Tanaro
era troppo "grosso".
Un' altra
volta dormimmo ai Toninet e appena mettemmo piede in cortile a casa, papà ci
mandò via perché erano già in Rivaerta. Andammo in una “Tampa” poco lontana da casa che
aveva tutte “gazìe” acacie attorno e ci immergemmo in quell'acqua fino al petto
nonostante fosse a Dicembre! Ricordo che arrivò il cane di mio fratello più
giovane andato per tartufi. Sto cagnèt si mise ad abbaiare girando in tondo
attorno alla fossa. Fortuna che la mamma riuscì a distrarre i fascisti che se
ne andarono con un fiasco e qualche salame. Mamma aveva fatto bollire una
gallina per scaldarci , ma non riuscimmo a mangiare, ci fu un altro allarme e
dovemmo di nuovo andare a nasconderci. C'era in San Sisto un soldato
meridionale sbandato che si era costruito un nascondiglio ma era troppo piccolo
per ospitarci tutti. Vennero altre volte sia i repubblichini che i partigiani a
cercare armi e nel mentre a portare via qualcosa da mangiare, e noi dovevamo
sempre scappare. Da mangiare se ne dava a tutti, ma se ti trovavano armi erano
grane. Vi erano poi le spie che non sapevi se erano partigiani o fascisti! Ai
Toninet si fidarono di un vicino e gli confidarono che Pinoto aveva portato a
casa dalla guerra un moschetto e questo fece venire i fascisti che crearono
problemi! Così anche dopo la guerra, tra vicini non si parlarono più! Furono
tempi complicati e pensare che per noi che avevamo
17/ 18 anni
avrebbero potuto essere i più belli!
NONNO VIGIN
GIACOSA
Mio nonno Luigi che
rinomino, era nato a Motta di Costigliole nel 1854, era analfabeta ma grande
lavoratore. Mi raccontava che aveva visto Garibaldi salire sul treno a Motta ed
aveva i pantaloni con un “tacon sul culo”!
Quando
aveva una sessantina d'anni si caricava in spalla una Cavagna da Pan con trenta
kg. di uva “Lignenga” Luglienga e partiva da in Rivaerta a piedi. Faceva una
pausa a Tre stelle e una alla Madonna degli Angeli, andava a venderla in piazza
ad Alba. Acquistava un etto di acciughe e tornava a fare colazione a casa! Mi
diceva sempre di studiare, ma io non lo ascoltai frequentai la quarta e poi la
quinta la feci serale ormai già grande.
IL
PERIODO FASCISTA
Al tempo
della guerra quando ero bambino "avanguardista" si andava a Neviglie
a fare esercitazioni e ci avevano insegnato a smontare il
"Moschetto". Ricordo che in un'occasione ci schierarono e ci passò in rassegna il Dott. Velatta e altri
due fascisti di Neive.
Nel 1944
invece, per un rastrellamento arrivarono in Rivaerta nientemeno che i terribili
Gagliardi e Rossi. Cercavano dei Partigiani e misero al muro anche i ragazzini
come mio fratello Mentore di 12 anni. Dissero che se non parlavano li avrebbero
fucilati. Mia madre e le altre mamme erano disperate e i ragazzi
spaventatissimi. Meno male che l'autista repubblichino, impietosito, per
tranquillizzare le mamme si avvicinò alla mia e le sussurrò: < non
preoccupatevi, non uccideranno nessuno, vogliono solo spaventarli!> Fu così,
ma riuscirono a terrorizzare tutti. Portarono via tutti gli abiti da uomo che
trovavano. A me presero la giacca con la coccarda della Leva. Dissero che non
avevano preso i figli ma avevano i loro vestiti! Meno male che mia madre
previdente era andata Mango a piedi a comprare la stoffa e aveva fatto venire
da Neive il Sarto Mabile Giacosa per realizzarci pantaloni e giacca. Erano
tempi brutti anche a causa delle spie. Noi nei dintorni ne avevamo uno che ce ne combinò parecchie. Oltre ai vestiti
avvisò i fascisti che avevamo una bici e questi vennero a requisirla. Era una
bellissima Washington. Mio padre, quando vide Pietrin scendere dalla
"scurssa" 'd Raimond disse : tardo nèn a rivé! ( Intendeva i
fascisti) Ed infatti dopo poche ore arrivarono a prenderci la bici!
Un' altra terribile spia fu la maestra, proprio la nostra. Era proprio malvagia dentro. A scuola si faceva portare le canne e provava piacere a farci sanguinare le mani. In quanto a delazioni era terribile. Quando c'erano ancora i Carabinieri a Neive, prima dello sbandamento, andava a denunciare noi renitenti alla leva, o i partigiani. Però il Maresciallo, che era persona corretta, non le dava retta ,non raccolse la denuncia della maestra che era andata a fare i nostri nomi di renitenti e le disse che lui aveva ben altre grane. I suoi carabinieri per proteggerli dagli assalti dei partigiani li faceva dormire da un parente in località “Soc” oltre il Tinella. Se ci avessero presi ci avrebbero impiccati al balcone di Talin!
Allora lei andava fino a Cuneo a denunciare, e poi questi comunicavano ad Alba! Io e Dino andammo una volta sola a dormire in un Ciabot in Castlissan poi capimmo di essere stati visti e andammo altrove. Infatti dopo pochi giorni arrivarono e lo incendiarono. Pensa che dormivamo su delle fascine.
BOMBARDAMENTI SU NEIVE
Ricordo il fatto del treno che un Partigiano fece partire dalla stazione di Neive senza macchinista e mandò a saltare in Tanaro dal ponte abbattuto di Alba.
Ho ancora in mente i bombardamenti che gli
alleati effettuarono su Neive. Quando bombardarono alla Stazione di Neive noi
ci eravamo rifugiati in cantina in Rivaèrta e da un finestrotto vedemmo gli
aerei che si presero r' anviar (l'avvio) dalla collina dei Rivetti e poi
lasciarono cadere le bombe che noi vedemmo e poi si schiantarono uccidendo la
mamma di Levi Romano, Pietro 'd Toso, Cavallo e ferito altri. Le pietre dei
muri della cantina vibrarono com'è vi fosse stato un terremoto. Qui a Neviglie
non bombardarono ma qualcuno fu fatto segno di pattuglie . Cesco 'd Rapalin era
nascosto con noi, poi decise di prendere un'altra direzione.Fu visto poiché era
allo scoperto, e gli intimarono l'alto là. Lui si mise a correre e gli andò
bene che non fu raggiunto dai proiettili. Noi dal nascondiglio vedemmo i
proiettili che alzavano il terreno attorno a lui.
SCAMPAI
ALLE SS
Io in due
situazioni ebbi a pochi passi i nazisti delle SS e mi andò bene! Un giorno ero con mio padre a
seminare con l'aratro di legno in un terreno sopra la strada che porta a
Neviglie. Vedemmo arrivare da Giovaninèt un' auto militare tedesca. Quando fu
nella nostra direzione, si fermò. Io non potevo più scappare e rimasi con le
mani attaccate ai manici dell'aratro e la testa bassa. Sentii che chiedevano
della Caserma dei carabinieri ma con il cuore a mille rimasi bloccato. Solo
quando il padre indicò la direzione per la caserma lzai leggermente gli occhi e
vidi che i due se ne andavano ridendo consapevoli di avermi terrorizzato.
Effettivamente avevo atteso che mi
chiedessero di andare da loro, ma loro avevano altro da fare e
fortunatamente non mi considerarono. Un'altra volta ero a Neive Borgonuovo
dall'Ala ,proprio di fianco a dove mise il distributore tuo padre Michelino.
Era giorno di mercato, arrivò improvvisamente un sidecar armato che si fermò a
due passi da me. A me e a quei pochi attorno si gelò il sangue. Impauriti
attendemmo ci chiedessero di alzare le mani ,invece vollero sapere
un'indicazione e ripartirono. Ci guardammo, eravamo tutti impietriti e tirammo
un sospiro di sollievo.
A fine
guerra i partigiani presero la maestra e le tagliarono i capelli a
"rascc" ( a zero).
Pietrin
invece, temendo di essere ucciso, quando capì
che lo avrebbero solo schiaffeggiato, in preda a crisi isterica urlava
piangendo e ridendo:< ancora, datemene ancora!> Per gli spaventi che ci
avevano fatto provare, sono sincero sarei andato anch'io a dare loro qualche
schiaffo!
La Guerra fu terribile e voglio ricordare I miei vicini di San Sisto
L’ALPINO FOGLIATI EMILIO di PIO MARINA (San
Donato) E DI GIUSEPPE
NEVIGLIE (CN/I) il 22/08/1921
Contadino
FFAA Regie DIV ALPINA CUNEENSE 2^ RGT
Foto archivio Emiliano Fogliati
Il mio amico di fughe dai rastrellamenti. Lui
era più esparto perchè era già stato in Guerra in Grecia e Russia
FOGLIATI DINO REDUCE DI RUSSIA MORTO AD ALBA NEL 1961 investito da un’auto.
PIO MARINA FOGLIATI GIUSEPPE