mercoledì 1 gennaio 2025

PINO ALBARELLO GIOVANNA 1934

 



Mamma Teresina                                 Giovanna

Pino Giovanna nata a Bra Il 23 Febbraio 1934

<NON SEPPI MAI DEI MIEI GENITORI>

Trasferita a Cuneo dopo soli sette giorni di vita, venni Adottata dai coniugi Bonardo che abitavano alla Cascina “Porrera ”un “quarté” ( gruppo di case In Belbo nel Comune di Bossolasco.

 

 


 Arguello TERESINA alla “Sota“ fossa di raccolta acqua  e lavatoio( Maria del Brich ricorda che vi erano alcuni scalini per scendere quando l’acqua diminuiva)    

   

Celestina (Teresina) Marenda 1911 1991 (figlia di Filippo  ed Eleonora (dei Giamesi di Arguello) rimase orfana di sua Mamma. Il padre sposò in seconde nozze "Cina" Francone e generarono Maggiorino, Margherita, Concessina e Gepinin.                   

 


                     

           CINA FRANCONE E FILIPPO MARENDA


     TERESINA, CONCESSINA, FELICINA, FILIPPO, GEPININ, MAGGIORINO

 

Rosario Pino (Pinotu) 1902, mio papà fu preso

dall' Ospedale e cresciuto da Secco Angelo (Mabil) e Pina Brocchiero di San Micé di Arguello.


                        



FIGLI DI MABIL E PINA:MODESTO (REDUCE DI RUSSIA) LUIGI


 

                                                           


Pinotu assolse il Servizio militare nel 1924 e tornò a San Micé di Arguello.

                    

           Chiese a Teresina di sposarlo, lei, acconsentì.


Teresina e Pinotu, aiutati dai genitori si unirono in matrimonio e acquistarono una bella cascinotta in Località Canal in Belbo di Bossolasco. Teresina e Pinotu erano vicini dei Bonardo che avevano già dei figli loro ed avevano adottato due maschietti e anche me. Teresina e Pinotu si affezionarono a me e alle veglie o passando davanti alla cascina per recarsi a Bossolasco, non perdevano occasione per chiedere di potermi  avere. La loro insistenza fu premiata quando Maria dopo parecchi maschi (sei) partorí una femminuccia. Io, di cinque anni, mi trasferii a vivere a rà Canà dove non vi erano ancora bimbi. FuI felice di essere coccolata dai due nuovi genitori ma andavo anche a fare visita ai fratelli e sorelle e mamma e papá Bonardo. Si trasferirono come mezzadri prima a Benevello e poi a Roddi d’Alba.Io riconoscente andai sempre ad aiutarli.

MAMMA TERESINA MI RACCONTÒ

<Avevo 26 anni e andando ad Arguello passavo a “rà Porera” dove abitavano Maria e Noto Bonard. Ti vedevo che appena camminavi ed eri così carina! Sempre dicevo a Maria < damra a mi sa mazna, mi è n’eu gnun e ti ‘t nèi zà tanti>(dalla a me sta bimba che io non ne ho e tu ne hai già tanti) Ne aveva già 4 suoi e tre d’r’ospidal! Tu scappavi via, ma col tempo riuscii a farmi amica. Quando Maria partorì una bimba io e Pinotu ti portammo ar Canàl ! Angelo tuo fratello “arrivò” solo nel 1949



                            A SCUOLA E AD ARGUELLO

Crescevo e iniziai le scuole. Frequentavo la scuola in località "Tevola" di Niella Belbo, abbastanza distante. Il primo anno papà Pinotu mi caricava " in scapaciola" (sulle spalle) e mi portava allegramente. Con papà e mamma  andavamo anche sovente ad Arguello.  Pinotu portava in spalla la bicicletta e Teresina  portava me. Andavamo fino al Pilion sulla provinciale passando nei sentieri delle rive, poi salivamo sulla corriera fino ai Tre Cunei, mi mettevano in un “cavagn” Cesta sul manubrio e  in tre in bici si andava a San Micé o Giamesi per aiutare nella mietitura o trebbiatura o vendemmia ma anche per fare festa.

 Fu così che conobbi i tanti bambini di Arguello. Andavo al pascolo, sfojava rà mèjra( sfogliavo la meliga), vendemmiavamo, pigiavo con i piedi e mi divertivo tanto. Ma nel1939 arrivò la guerra.

ARRIVÒ LA GUERRA

 Successe che anche Papà Pinotu, fu richiamato alle armi e dovette partire per il fronte Greco Albanese. Io lo abbracciavo e gli dicevo che non volevo andasse via. Il papà mi consolava affidandomi a  Giovanni Saglietti di 15 anni che mi avrebbe sostituito nella collaborazione con la mamma Teresina. Piansi tanto, ma papà dovette partire.

La lontananza, fortunatamente, non durò molto e tornò.

DAL 1943 AL 1945

Vivemmo il periodo dal 1943 al 1945 subendo le angherie dei nazi fascisti e aiutando i Partigiani pur tra molte paure.

Vennero in Belbo e bruciarono tante case: LOMONT, Dal “SOT” e parecchie altre case e ciabòt.


  

Vi erano i PartIgiani che stazionavano nelle cascine o si fermavano anche solo per mangiare. Passava il Comandante e ordinava anche a mia mamma di preparare agnolotti e polli e bisognava obbedire perché avevano le armi! Una volta mamma si azzardò a dire che temeva per me piccola, ma lui le disse che bastava dire ai bambini: < toca nèn r’arme chi fan mirì>( non toccare le armi perché fanno morire!). E così si presero tanti polli galline, conigli e salami. Papà e mamma una notte, andarono dove avevano “fat passè “ (scassato) per impiantare la vigna e  realizzarono una grande buca, ci calarono una botte a cui avevano tolto il coperchio e ci misero dentro il corredo della mamma un po’ di vestiario e dei salami e cibarie, poi con le pietre che avevavo estratto coprirono il tutto in modo da salvare qualcosa. Vennero infatti dei tedeschi e a colpi di rauss, rauss entrarono in casa e presero soltanto poche cose che non erano neppure d’oro! Buttaro in aria e presero alcune dozzine di uova che mamma aveva messo da parte per portarle a vendere, ma non aveva avuto il coraggio di avviarsi. Cercarono di fare uscire il maiale, ma era troppo grande, ormai pronto per essere macellato e non ci riuscirono. Tentarono di prendere il vitello, ma questi si imbizzarrì e scappo via .Fu la volta che portarono via il papà e lo tennero un giorno a Murazzano, poi lo lasciarono tornare.

 

Agosto 1944

La paura era sempre tanta perchè arrivavano notizie che vi erano le spie che avvisavano i nazifascisti del passaggio dei partigiani. Alla sera del 3 agosto, una ragazza passò davanti a casa nostra con delle pecore e si infilò nel bosco. Mamma le disse che non era prudente girare di notte, ma quella non le diede retta e sparì. Al mattino presto mamma arrivò spaventata e riferì al papà di aver visto ventitre tedeschi diretti ao Sop dai Sottimano. Papà disse che sarebbe andato a vedere con me per mano così non avrebbe dato nell’ occhio. Mamma mi attirò a sé e gli disse: <s’èt veuri andé va da sol!>. ( SE VUOI ANDARE VAI DA SOLO) Lui andò e tornò “sfisonomià!” inorridito, aveva visto la scena dell’uccisione di Filippo e di sua moglie incinta di sette mesi e di Carlo Vignale.


 I due fratelli Sottimano, che abitavano a pian Ceresa, avevano portato via una coppia di buoi , quando furono al sicuro con i buoi, Paolo disse al fratello di andare a prendere anche l’altra coppia di buoi e questi fece così, ma trovò i nazfascisti che lo presero e credendolo partigiano volevano portarlo via. La moglie li seguì fino in Belbo urlando e uno dei militi le sparò in bocca per zittirla e uccisero anche lui. Scesero dal piccolo Ciabot “sota ao Sop” dove abitava Carlo Vignale con la moglie incinta di Elio e una bimba piccola.  Dicendo che  avevano dato rifugio ai partigiani diedero fuoco alla piccola abitazione composta di una stalla sotto e una camera sopra e portarono via Carlo. Questi li supplicava di lasciarlo andare e questi quando furono in Belbo gli fecero segno di andare, ma quando si mise a correre per tornare gli fecero una raffica. La moglie venne da mia mamma e non sapeva ancora della morte del marito. Disse che non aveva più una casa né abiti da vestire la bambina. Teresina la consolò e le diede di che vestire lei e la bimba e la ospitò per qualche giorno.

Dopo quei giorni papà e mamma presero buoi, vitello un materasso per me e andammo a nasconderci per alcune notti in un pratone sotto una rocca impervia.

                                    


                   Amico Nicola,Teresina, Pinotu

Andammo poi anche per qualche settimana da una famiglia di amici che abitavano in alto quasi alla Niella.

Si tornò ma c’era sempre tanta paura, perché a Novembre si seppe che avevano incendiato San Benedetto Belbo e arrivavano notizie di uccisioni. Una volta passò una colonna di tedeschi e io che non avevo paura ero sulla strada a guardare. Un militare mi prese per mano e parlando in tedesco mi accompagnò a casa e fece capire a mia mamma che bisognava controllare i bambini, lei non capì ma gli diede delle uova e lo ringraziò.

Poi un giorno ad Aprile, quegli amici di Niella si misero a urlare che la guerra era finita e che i nazifascisti se ne erano andati. Ci invitarono ad andare su e si fece festa.

I MIEI LAVORI CON PAPÀ

Quando ebbi una quindicina d’anni , oltre andare al pascolo ed aiutare la mamma nell’allevamento delle galline e nel preparare le “tome”, andavo anche ad aiutare papà. Si andava ad arare , ed io andavo davanti al bue mentre lui teneva l’aratro, oppure spargeva il letame dal rabèl. A volte si andava a tagliare alberi nel bosco con il “troplao” anche se la mamma brontolava che non erano lavori per me.


 


Quando ebbi 33 anni decisi di andare a lavorare alla “Ferrero”, poi alla fabbrica qui a Bossolasco e lavorai fino a 57 anni.

MIO MARITO EUGENIO ALBARELLO

Quando ebbi 20 anni, ebbi parecchie richieste di matrimonio, ma, uno proveniva da una famiglia di “gigarela” che papà Pinotu aveva conosciuto e sapeva che i vecchi si erano persa la cascina

 

 

 

SI DICEVA FOSSERO MASCHE

Mia mamma raccontava di una vecchia di nome “Mariana” dicevano che era una Masca.

Una volta era con suo papà Filippo a “lavoré” arare e si presentò un gatto davanti ai buoi, il padre le disse< oh a rè Mariana! Daje in caoss.( oh è Mariana, dagli un calcio) lei diede un calcio al gatto e apparve la vecchia.

“Jero sé folairà chi favo na vota”erano sciocchezze che raccontavano una volta! Ricordo che dissi a mamma se fosse successo davvero, e lei mi rispose che l’aveva visto con i suoi occhi! Mah!

Un’ altra che dicevano fosse una Masca era “Angela” d’an Berb del Ciabot SOTA AO SOP. Io dissi che era una calunnia, ma la mamma disse che quando morì e le bruciarono “i libr” si sentivano “ tanti ed si squizz!” dalle fiamme provenivano terribili urla! Mamma Teresina quando a sta Angela morì un figlio doveva andare a farle le condoglianze, ma per le dicerie non sapeva come fare. Si confidò con Maria d’rà “Porera” e questa le disse:< Ti và , ma fa tènssion ‘d nen tocherà, per nen ch’at mascherezza!”> Tu vai ma fa attenzione a non toccarla affinchè non ti passi il “malocchio!”< se ti porge la mano, dalle la scopa, e non portare il bambino!> Lei così fece e non successe nulla!

 

 

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