Pino
Giovanna nata a Bra Il 23 Febbraio 1934
<NON
SEPPI MAI DEI MIEI GENITORI>
Trasferita
a Cuneo dopo soli sette giorni di vita, venni Adottata dai coniugi Bonardo che
abitavano alla Cascina “Porrera ”un “quarté” ( gruppo di case In Belbo nel
Comune di Bossolasco.
Arguello TERESINA alla “Sota“ fossa di raccolta acqua e lavatoio( Maria del Brich ricorda che vi erano alcuni scalini per scendere quando l’acqua diminuiva)
Celestina
(Teresina) Marenda 1911 1991 (figlia di Filippo
ed Eleonora (dei Giamesi di Arguello) rimase orfana di sua Mamma. Il
padre sposò in seconde nozze "Cina" Francone e generarono Maggiorino,
Margherita, Concessina e Gepinin.
CINA FRANCONE E FILIPPO MARENDA
TERESINA, CONCESSINA, FELICINA, FILIPPO, GEPININ, MAGGIORINO
Rosario
Pino (Pinotu) 1902, mio papà fu preso
dall' Ospedale e cresciuto da Secco Angelo (Mabil) e Pina Brocchiero di San Micé di Arguello.
Pinotu
assolse il Servizio militare nel 1924 e tornò a San Micé di Arguello.
Chiese a Teresina di sposarlo, lei, acconsentì.
Teresina
e Pinotu, aiutati dai genitori si unirono in matrimonio e acquistarono una
bella cascinotta in Località Canal in Belbo di Bossolasco. Teresina e Pinotu
erano vicini dei Bonardo che avevano già dei figli loro ed avevano adottato due
maschietti e anche me. Teresina e Pinotu si affezionarono a me e alle veglie o
passando davanti alla cascina per recarsi a Bossolasco, non perdevano occasione
per chiedere di potermi avere. La loro
insistenza fu premiata quando Maria dopo parecchi maschi (sei) partorí una
femminuccia. Io, di cinque anni, mi trasferii a vivere a rà Canà dove non vi
erano ancora bimbi. FuI felice di essere coccolata dai due nuovi genitori ma
andavo anche a fare visita ai fratelli e sorelle e mamma e papá Bonardo. Si
trasferirono come mezzadri prima a Benevello e poi a Roddi d’Alba.Io
riconoscente andai sempre ad aiutarli.
MAMMA
TERESINA MI RACCONTÒ
<Avevo 26 anni e andando ad Arguello passavo a “rà Porera” dove abitavano Maria e Noto Bonard. Ti vedevo che appena camminavi ed eri così carina! Sempre dicevo a Maria < damra a mi sa mazna, mi è n’eu gnun e ti ‘t nèi zà tanti>(dalla a me sta bimba che io non ne ho e tu ne hai già tanti) Ne aveva già 4 suoi e tre d’r’ospidal! Tu scappavi via, ma col tempo riuscii a farmi amica. Quando Maria partorì una bimba io e Pinotu ti portammo ar Canàl ! Angelo tuo fratello “arrivò” solo nel 1949
A SCUOLA E AD ARGUELLO
Crescevo
e iniziai le scuole. Frequentavo la scuola in località "Tevola" di
Niella Belbo, abbastanza distante. Il primo anno papà Pinotu mi caricava "
in scapaciola" (sulle spalle) e mi portava allegramente. Con papà e mamma andavamo anche sovente ad Arguello. Pinotu portava in spalla la bicicletta e
Teresina portava me. Andavamo fino al
Pilion sulla provinciale passando nei sentieri delle rive, poi salivamo sulla
corriera fino ai Tre Cunei, mi mettevano in un “cavagn” Cesta sul manubrio e in tre in bici si andava a San Micé o Giamesi
per aiutare nella mietitura o trebbiatura o vendemmia ma anche per fare festa.
Fu così che conobbi i tanti bambini di
Arguello. Andavo al pascolo, sfojava rà mèjra( sfogliavo la meliga),
vendemmiavamo, pigiavo con i piedi e mi divertivo tanto. Ma nel1939 arrivò la
guerra.
ARRIVÒ LA GUERRA
Successe che anche Papà Pinotu, fu richiamato alle armi e dovette partire per il fronte Greco Albanese. Io lo abbracciavo e gli dicevo che non volevo andasse via. Il papà mi consolava affidandomi a Giovanni Saglietti di 15 anni che mi avrebbe sostituito nella collaborazione con la mamma Teresina. Piansi tanto, ma papà dovette partire.
La
lontananza, fortunatamente, non durò molto e tornò.
DAL
1943 AL 1945
Vivemmo
il periodo dal 1943 al 1945 subendo le angherie dei nazi fascisti e aiutando i
Partigiani pur tra molte paure.
Vennero in Belbo e bruciarono tante case: LOMONT, Dal “SOT” e parecchie altre case e ciabòt.
Vi
erano i PartIgiani che stazionavano nelle cascine o si fermavano anche solo per
mangiare. Passava il Comandante e ordinava anche a mia mamma di preparare
agnolotti e polli e bisognava obbedire perché avevano le armi! Una volta mamma
si azzardò a dire che temeva per me piccola, ma lui le disse che bastava dire
ai bambini: < toca nèn r’arme chi fan mirì>( non toccare le armi perché
fanno morire!). E così si presero tanti polli galline, conigli e salami. Papà e
mamma una notte, andarono dove avevano “fat passè “ (scassato) per impiantare
la vigna e realizzarono una grande buca,
ci calarono una botte a cui avevano tolto il coperchio e ci misero dentro il
corredo della mamma un po’ di vestiario e dei salami e cibarie, poi con le
pietre che avevavo estratto coprirono il tutto in modo da salvare qualcosa.
Vennero infatti dei tedeschi e a colpi di rauss, rauss entrarono in casa e
presero soltanto poche cose che non erano neppure d’oro! Buttaro in aria e
presero alcune dozzine di uova che mamma aveva messo da parte per portarle a
vendere, ma non aveva avuto il coraggio di avviarsi. Cercarono di fare uscire
il maiale, ma era troppo grande, ormai pronto per essere macellato e non ci
riuscirono. Tentarono di prendere il vitello, ma questi si imbizzarrì e scappo
via .Fu la volta che portarono via il papà e lo tennero un giorno a Murazzano,
poi lo lasciarono tornare.
Agosto
1944
La paura era sempre tanta perchè arrivavano notizie che vi erano le spie che avvisavano i nazifascisti del passaggio dei partigiani. Alla sera del 3 agosto, una ragazza passò davanti a casa nostra con delle pecore e si infilò nel bosco. Mamma le disse che non era prudente girare di notte, ma quella non le diede retta e sparì. Al mattino presto mamma arrivò spaventata e riferì al papà di aver visto ventitre tedeschi diretti ao Sop dai Sottimano. Papà disse che sarebbe andato a vedere con me per mano così non avrebbe dato nell’ occhio. Mamma mi attirò a sé e gli disse: <s’èt veuri andé va da sol!>. ( SE VUOI ANDARE VAI DA SOLO) Lui andò e tornò “sfisonomià!” inorridito, aveva visto la scena dell’uccisione di Filippo e di sua moglie incinta di sette mesi e di Carlo Vignale.
Dopo
quei giorni papà e mamma presero buoi, vitello un materasso per me e andammo a
nasconderci per alcune notti in un pratone sotto una rocca impervia.
Amico Nicola,Teresina,
Pinotu
Andammo
poi anche per qualche settimana da una famiglia di amici che abitavano in alto
quasi alla Niella.
Si
tornò ma c’era sempre tanta paura, perché a Novembre si seppe che avevano
incendiato San Benedetto Belbo e arrivavano notizie di uccisioni. Una volta
passò una colonna di tedeschi e io che non avevo paura ero sulla strada a
guardare. Un militare mi prese per mano e parlando in tedesco mi accompagnò a
casa e fece capire a mia mamma che bisognava controllare i bambini, lei non
capì ma gli diede delle uova e lo ringraziò.
Poi un
giorno ad Aprile, quegli amici di Niella si misero a urlare che la guerra era
finita e che i nazifascisti se ne erano andati. Ci invitarono ad andare su e si
fece festa.
I MIEI
LAVORI CON PAPÀ
Quando ebbi una quindicina d’anni , oltre andare al pascolo ed aiutare la mamma nell’allevamento delle galline e nel preparare le “tome”, andavo anche ad aiutare papà. Si andava ad arare , ed io andavo davanti al bue mentre lui teneva l’aratro, oppure spargeva il letame dal rabèl. A volte si andava a tagliare alberi nel bosco con il “troplao” anche se la mamma brontolava che non erano lavori per me.
Quando
ebbi 33 anni decisi di andare a lavorare alla “Ferrero”, poi alla fabbrica qui
a Bossolasco e lavorai fino a 57 anni.
MIO
MARITO EUGENIO ALBARELLO
Quando
ebbi 20 anni, ebbi parecchie richieste di matrimonio, ma, uno proveniva da una
famiglia di “gigarela” che papà Pinotu aveva conosciuto e sapeva che i vecchi si
erano persa la cascina
SI
DICEVA FOSSERO MASCHE
Mia
mamma raccontava di una vecchia di nome “Mariana” dicevano che era una Masca.
Una
volta era con suo papà Filippo a “lavoré” arare e si presentò un gatto davanti
ai buoi, il padre le disse< oh a rè Mariana! Daje in caoss.( oh è Mariana,
dagli un calcio) lei diede un calcio al gatto e apparve la vecchia.
“Jero
sé folairà chi favo na vota”erano sciocchezze che raccontavano una volta!
Ricordo che dissi a mamma se fosse successo davvero, e lei mi rispose che
l’aveva visto con i suoi occhi! Mah!
Un’
altra che dicevano fosse una Masca era “Angela” d’an Berb del Ciabot SOTA AO
SOP. Io dissi che era una calunnia, ma la mamma disse che quando morì e le
bruciarono “i libr” si sentivano “ tanti ed si squizz!” dalle fiamme
provenivano terribili urla! Mamma Teresina quando a sta Angela morì un figlio
doveva andare a farle le condoglianze, ma per le dicerie non sapeva come fare.
Si confidò con Maria d’rà “Porera” e questa le disse:< Ti và , ma fa
tènssion ‘d nen tocherà, per nen ch’at mascherezza!”> Tu vai ma fa
attenzione a non toccarla affinchè non ti passi il “malocchio!”< se ti porge
la mano, dalle la scopa, e non portare il bambino!> Lei così fece e non
successe nulla!
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