mercoledì 22 ottobre 2025

CASTAGNOTTI LUIGI 1915 LEQUIO BERRIA

 


 

             


Franco Cesare, Maria Rosa e Teresita Castagnotti hanno raccontato.

 Papà Luigi 17 11 1915, nato a Lequio in loc. La Montà, non conobbe suo padre Cesare


27 SETTEMBRE 1885, poiché questi, Alpino del 2° Rgt Cuneo (1) fu chiamato alla Grande guerra e cadde nel 1917 nella Conca di Plezzo per ferite riportate durante la Battaglia dell’ORTIGARA

La Mamma, Piazza Rosa si risposò con Castagnotti  Pietrin di Località Pianfrè che era Vedovo con quattro figli poiché la moglie era morta nell’epidemia di “Spagnola”.

Papà Luigi visse un po' con la nuova famiglia, ma appena ragazzino tornò alla Cascina in La Montà con nonno Luigi e nonna  Nel 1935 assolse il Servizio Militare e tornato a casa, a 23 anni nel 1938, sposò Bosio Luigina di località “Aure” di Arguello, sorella di Cesare, Dilia, Marina, Antonio, Armando, Augusto di Costantino  Filippo e Natalina Bracco, nel 1939 fu richiamato alle armi.

Dopo sei mesi di Caserma a Cuneo venne a casa in licenza.

Rientrato al Corpo, fu imbarcato a Bari per l'Albania e gli andò bene che la sua nave non fu affondata come la "Firenze" ed altre!

Per quattro anni e sei mesi non tornò più a casa.

Dall'Albania andò a combattere in Grecia e qui a Lamia, il giorno dopo l'otto Settembre 1943 fu preso Prigioniero dai tedeschi e attraverso la Jugoslavia condotto in Germania e condannato ai lavori forzati.


 

 


L'ingresso principale dell'edificio di un vecchio magazzino doganale per cereali del Regno di Jugoslavia, dove durante la guerra operava il complesso russo ("Russenlager") come parte del campo di prigionia nazista Stalag XVIII D. Ora, nello stesso edificio operano il Centro internazionale di ricerca sulla seconda guerra mondiale (IRC Maribor) e il Museo dello Stalag XVIII D.

PASSAPORTO STRANIERO PROVVISORIO




  A Schweinfurt non esisteva uno Stalag (campo principale), ma la città era un obiettivo importante per le unità di bombardieri alleate, in quanto centro dell'industria tedesca dei cuscinetti a sfera. I campi di prigionia erano noti con l'acronimo "Stalag" e ce n'erano numerosi, solitamente specializzati nella registrazione dei prigionieri di guerra e nella loro assegnazione a distaccamenti di lavoro, come lo Stalag VI A a Hemer o lo Stalag VII A a Moosburg. XIIIA a Sulzbach

 


 

Rodolfo BOFFA (2) di loc. Vignassa e Luigi, coscritti del 1915 di Lequio Berria


si ritrovarono nel Campo di Prigionia  e si fecero compagnia aiutandosi a superare i grandi patimenti. Luigi seppe farsi apprezzare per la sua semplicità e laboriosità anche nella difficile situazione della Prigionia. Li portarono a lavorare sui binari della ferrovia e Luigi vedendo che un capo stava sgridando un compagno perché non riusciva a svitare dei bulloni, intervenne e chiese di effettuare lui il lavoro. Senza guanti con un freddo pungente risolse il lavoro meravigliando il capo che gli chiese se fosse uno Spezialist "specialista". Lui disse "Ya" e da allora fu tenuto in buona considerazione da quel superiore che lo "trattò" meglio degli altri. Certo, le condizioni di vita erano pesanti, poiché soprattutto il nutrimento era ridotto al minimo. Luigi raccontò che una volta, durante un trasferimento dal posto di lavoro al campo, trovarono delle barbabietole gelate e lasciate nel terreno. Col benestare delle guardie ne presero più che poterono ed arrivati nella baracca le mangiarono per calmare la grande fame. Quando fu concesso il ricevimento dei pacchi da casa, Luigi ne ricevette quasi ogni mese e condivideva con i compagni di baracca! Purtroppo, mangiavano tutto in un giorno e poi si tornava a fare la fame fino al prossimo pacco.

Lettera del 23 LUGLIO 1944

Carissima moglie con queste parole vengo a darti mie notizie, godo ottima salute come spero sia sempre di te. Il mio pensiero più grande è quello di pensare a te che siamo così lontano uno dall’altra e si spera che sia presto quel beato giorno di poter tornare insieme. Cara ho ricevuto la cartolina del 12 giugno e anche il pacco del 20, ma quello del 10 no.Sperp di riceverlo presto anche quello. Oggi ti mando un altro modulo. Mandami farina bianca e tagliatelli e sigarette più che puoi. Mi servono proprio e spero che ora ne avrai già ricevuti altri. Altro niente, ti dico che in verità  mi sento  proprio stanco, ma pazienza, speriamo in Dio. Saluti affettuosi dal tuo marito che pensa solo a te.


Fortunatamente, pur nella sofferenza riuscirono a tenere alto il morale sapendo anche sorridere di piccole cose. Ad esempio vi era Dolfo Boffa che scriveva sovente a una ragazza di Lequio senza ricevere mai risposta. Luigi glielo fece notare e gli chiese come mai sta fidanzata non scrivesse, e Dolfo con humor spiegò: < ah ma chi la a ro sà ancò nèn ca rè mia morosa! Ah ma lei non lo sa ancora che è la mia fidanzata!> E così si rideva, superando per un po' la tristezza di quella vita terribile.

Dai racconti di RAPALINO LUIGI di Benevello, SALVETTI RENATO DI Dogliani, AGOSTO GIACINTO di Somano, Francone Pietro di Levice, Francone Oreste di Arguello, Cavallo Sergio di Cerretto Langhe, Galliano Luigi di Prunetto e di molti altri che ho avuto l’onore di ascoltare

-La maggior parte dei prigionieri fu avviata al lavoro forzato nelle fabbriche vicine ai campi di internamento.

Vi erano per lo più industrie di armi e mezzi da guerra, industrie del settore minerario, imprese edili, e anche nel settore alimentare e agricolo ( molti furono impiegati nelle fattorie attigue ai campi). 

Il lavoro durava anche dieci ore al giorno e molte fabbriche prevedevano anche turni di notte. L’alimentazione era scarsa e di pessima qualità tanto che erano frequenti i decessi per malattie gastro intestinali.

I prigionieri vivevano in baracche colme di letti a castello di tre piani e in alcuni casi anche di quattro. Ognuno aveva una o due coperte, pienie di pidocchi e l’aria malsana delle baracche contribuiva al diffondersi di malattie polmonari che come la tubercolosi o la polmonite portavano i malati alla morte.





Cartolina del 30 luglio 1944

Cara moglie con poche parole per darti mie notizie.

Godo salute ottima come spero sia sempre di te, basta che il Signore ci dia salute....

 

 

 

 Il 16 aprile 1945 all'arrivo dei militari statunitensi i prigionieri stavano lavorando, non credevano di poter essere liberi e continuarono il lavoro. Dopo alcune insistenze compresero che la guerra era finita potevano andarsene e si avviarono per tornare a casa. Impiegarono 40 giorni viaggiando perlopiù a piedi e con qualche camion che forniva un passaggio.

Ad Alba, Luigi e Rodolfo incontrarono Gildo Busca, loro coscritto che voleva dar loro un passaggio con il Camion. I due amici rifiutarono e vollero raggiungere Lequio BERRIA a piedi. Gildo, loro coscritto mandò Pierin ad avvisare Luigina e Fiora la mamma di Josè Morena, che abitava anche in La Montà e che tenne tanta compagnia. Si avviarono verso il paese a ricevere Luigi e Rodolfo. Furono ricevuti da tanti paesani e si fecero suonare le campane. Luigina disse che fu più felice il giorno dell'arrivo del marito che il giorno del matrimonio.

Angelo Bosio afferma che zia Luigina in quel periodo aveva Il marito e ben tre fratelli in guerra: Cesare in Russia, Antonio prigioniero in Germania e Armando in Africa.

Luigina e Fiora Castagnotti (1920), che aveva il futuro  marito Morena Paolo del 1914 anche militare, nel periodo della guerra si aiutarono molto e si fecero tanta compagnia. Furono coraggiose e seppero affrontare i soldati nazifascisti che con arroganza e brutalità si comportavano da padroni. Erano accampati alla Borgata denominata da “Pacioch”, e nonostante avessero acqua a volontà venivano in La Montà a lavarsi pur sapendo che le tre famiglie usufruivano solo di acqua piovana e la fonte più vicina era a mezz'ora di cammino. Loro venivano e ordinavano di dar loro acqua per lavarsi, e vino e cibo per gozzovigliare. Se non venivano soddisfatti comandavano ed impaurivano con le armi. Una volta che le donne dissero di non avere altro se non delle uova, se le fecero dare e prepararono una enorme frittata. Le povere donne non potevano fare altro che accontentarli perché se ne andassero prima possibile. Avevano da proteggere Fiorenzo Castagnotti del 1924 ed altri renitenti alla leva che erano nascosti in Crotin ben mimetizzati o sotto la letamaia.  Inoltre vi erano anche dei falsi Partigiani che spadroneggiavano rubando galline, salami e persino agnelli e vitelli. Giravano armati e soprattutto a Lequio e nel circondario ne combinarono cosi tante da risultare dannosi per l’immagine dei veri patrioti che rischiarono la vita per liberare le Langhe dai nazifascisti. Ricordiamo le stragi del "Vignasso" da "Gazzola" e tante uccisioni che funestarono il nostro territorio.

 

 

 

 

 

 

NOTE

(1)


CASTAGNOTTI CESARE DI LUIGI

Comune nascita:      Lequio Berria

Data nascita:      27 Settembre 1885

Grado in Albo:    Soldato

2 Reggimento Alpini

Arruolamento:   Distretto Militare Di Mondovì

Data Morte: 19 Giugno 1917

Luogo Morte:      Conca Di Plezzo

Causa Morte       Ferite Riportate In Combattimento

ll Battaglione Cuneo fu costituito nel maggio del 1917, con tre compagnie del soppresso VI° battaglione sciatori che assunsero la numerazione 297°-298°-299° compagnia. Le prime azioni di guerra del Cuneo si ebbero sul fronte dell'Altipiano di Asiago contro l'Ortigara e lo Zebio. Iniziate il giorno 10 giugno le operazioni per la riconquista delle posizioni perdute durante la Strafexpedition austriaca del maggio 1916, il Cuneo partecipò alla lotta nel settore del Vallone dell'Agnella e di quota 2103 dell'Ortigara che occupò il 19 giugno.  . Alla vigilia della battaglia, la 6a armata poteva contare su circa 300.000 uomini e 1.600 pezzi d'artiglieria; di fronte erano schierati circa 100.000 austro-ungarici con 400 cannoni, protetti da potenti difese passive scavate nella roccia viva, ancora oggi ben visibili. Alle 5,15 del mattino del 10 giugno iniziava la battaglia dell'Ortigara; fino al giorno 20 fu un susseguirsi di attacchi e contrattacchi, gli alpini arrivarono sino alla quota 2101, senza poter sfondare la quota 2105, cima della montagna. Il 21 gli austriaci passavano al contrattacco, il 30 giugno terminava la battaglia, senza che un solo metro di trincea fosse stato conquistato. Sul terreno rimanevano circa 30.000 italiani e 10.000 austriaci, a testimoniare della violenza dei combattimenti.

Paolo Antolini

 (2)

 BOFFA Rodolfo

Lequio Berra 29-05-1915

43 Rgt. Fanteria

CATTURA Fronte: Greco

Luogo di cattura: Atene Data cattura: 08-09-1943 Liberato il 17 aprile 1945.

RIENTRO

Data rientro: 04-06-1945

Note:

FONTI

PCM - Archivio Anrp - MEF

INTERNAMENTO

Luogo internamento: Stalag XIII D

Fu un campo di prigionia tedesco costruito su quello che era stata l’area dei raduni del Partito nazista a Norimberga, nel nord della Baviera.
Aperto nel settembre del 1939 per rinchiudervi civili oppositori, nel giro di un paio di mesi, questi furono trasferiti per lasciare il posto ai militari polacchi catturati dalle truppe naziste durante l’occupazione del loro Paese. Dal maggio 1940, i prigionieri arrivarono in gran numero, fino a raggiungere le 150 mila unità.
Nell’agosto molti furono trasferiti in altri campi; vi rimasero solo quelli che erano impiegati nell’industria locale e che facevano partedegli Arbeitskommandos (distaccamenti di lavoro).
Nel giugno 1941 iniziò il massiccio afflusso di prigionieri sovietici, mentre nell’agosto del 1943 lo Stalag fu gravemente danneggiato durante un’incursione aerea alleata.
Dalla fine del 1944, giunsero da altri campi soldati americani e aviatori britannici. Venne liberato il 16 aprile 1945 dalle truppe statunitensi.

                           LUIGI CASTAGNOTTI

 

LUIGINA BOSIO

           


                Luigi e Boffa Rodolfo durante la Prigionia


ALLA DONNA CHE DURANDO LA GUERRA

LE AUMENTI LA FORZA

PER LA VITTORIA D’ITALIA




                sorelle e fratelli Bosio di Filippo e Natalina

                       DILIA -LUIGINA- MARINA- CESARE- ARMANDO-AUGUSTO












 

 

 

 

 

 

                

                                    

 

 

 

 

            

 

   


sabato 18 ottobre 2025

TESTIMONI DI MEMORIE "CASA DON OCOLE" Monforte d'Alba

 

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                      MARZO 2025

 

             RACCONTI DELLE TRADIZIONI

                E LAVORI DI UN TEMPO

 

GRAZIE Mario, Teresio, Renato, Concetta, Paola, Romilda, Giovanna, Primo, Caterina, Luciana, Anna, Teresa e tanti altri che hanno riportato bei ricordi della loro infanzia e vita nelle Langhe, rivelando competenza nella terminologia piemontese di attrezzi e mestieri.

Fantastico sentirli conté di Beu, fè, pastura, socro, zaboròt, polachètt, faussijè, zov, trazia, scaporé, capalé, torze, chèr, caretta e cartòn, martlé èr fèr, cavaliè per bate èr gran e èr fave, taconè, sarzì, èr gromèt, r’ambotao, fé scapin, scartacé ra lana e firé e di molti altri termini.  Se non fosse giunta l’ora di pranzo avrebbero continuato a guardare e raccontare. Hanno cantato la canzone dello spazzacamino e ci siamo dati appuntamento a presto. Grazie ancora per la collaborazione e continuate così nei vostri laboratori! 

 

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ANNA: Si andava al pascolo ed avevamo lo “strop” Gregge. Avevamo il “bero” maschio della pecora.

MARIO: Eh sì, una volta tutti avevano pecore e capre. Le portavano da uno che aveva il “bero” Caprone e le lasciavano un mese da settembre a ottobre, poi le portavano a casa.

Anna: in primavera nascevano gli agnellini e i capretti.

Mario: Chi aveva lo strop prendeva ancora il poco latte che avevano le pecore e facevano tome e Bruz (formaggio fermentato). Facevano lo strop in Valdibà

PINA. OH sì, facevamo anche la Bruzina( una crema di latte non piccante) si metteva per qualche giorno nel latte di pecora di settembre un rametto di albero di fico.  

 

             

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CATERINA mio zio Giacolin di Mango veniva da noi alla cascina San Cassiano per preparare le ceste per la vendemmia. Le realizzava sia con i rami di salice che mio padre gli preparava, e faceva spellare da noi bambini, sia con le cortecce di castagno.

 

Mio padre realizzava anche i “zaboròt” zoccoli tutti in legno  e dentro i quali i piedi stavano comodi.

                  

Paola- Teresa- Giovanna-Pina-Mario-Teresio-Primo-Carlo-Luciana. Si andava a scuola con gli zoccoli e si percorrevano anche due o tre chilometri

Anna: andavo al pascolo prima della scuola. In famiglia avevamo lo "strop" il gregge.            

Carlo: Avevano il "bero" Maschio, e portavano alcune pecore che lasciavano un mese.

Anna: poi nascevano i piccoli.

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Pina di mamma Clelia e papà Francesco. Io sono nata a Corneliano, poi a causa che mio padre era un Mezzadro cambiavamo sempre cascina. Quando ebbi 8 anni e frequentavo la classe terza mio padre mi mandò a "servizio" a Montaldo Roero perché con cinque figli non ce la facevamo a tirare avanti. Poi arrivarono altri quattro fratelli! Eh povera mamma! Io a servizio andavo al pascolo, aiutavo in casa e andavo anche davanti agli animali che avevano la "sloira" per arare. Però ho imparato anche a filare la lana.

Pina: Quando abitavo ad Alba, andavo a fare volontariato in via Pola ed ero nel gruppo delle donne, tutte anziane come me dove si preparavano vestiario di lana per i bisognosi, e quando si facevano calze, allorché si arrivava al tallone le portavano tutte a me perché nessuno era capace a "fare lo scapin" . Così sono diventata Pina dr'o Scapin.

Pina : un tempo passavano: gli ombrellai, il molita, i cadréghe, e anche dei girovaghi che chiedevano un piatto di minestra in cambio di qualche lavoretto.

Pina: Al tempo del taglio del grano, passavano dei girovaghi (girolon) qualcuno aiutava nei lavori. Alcuni, invitati a mangiare con la famiglia accettavano, ma molti preferivano mangiare fuori o nella stalla.

Pina: Ricordo ancora quando passavano i cadréghé che riparavano le sedie, oppure i parapiové (ombrellai” che riparavano gli ombrelli.

Passavano anche gli”spaciafornèl” spazzacamino, ed erano tutti sporchi di caliggine e fumo!

 

 

Cadreghè

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Spaciafornèl

 

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Paola: passava anche un uomo a comprare le pelli di coniglio. Quando si macellava un coniglio si teneva la pelle. La si riempiva di paglia e la si appendeva ad asciugare sotto il portico. Il compratore di pelli di coniglio le controllava e poi le pagava. Le portava alla conceria che le lavoravano per realizzare pellicce e colletti per i cappotti.

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           Compratore di pelli di coniglio

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Paola: anche io aiutavo la mamma a "scartacé " la lana. Poi con il "fuz" che ho ancora a casa, e la "roca", con la nonna si filava e si formavano dei gomitoli che servivano a realizzare calze robuste da mettere negli zoccoli, maglie e altri indumenti per tenere caldo. Giovanna: oh quanto ho filato e quante calze con lo "scapin"tallone ho realizzato!

 

 

 

Primo: Quando con la famiglia abitavo a Montaragliotto, una cascina al confine con Dogliani, andavo nelle vigne ad Arcaplé, cioè a legare i tralci lunghi ai fili di ferro dei filari. Li legavamo con i "gorèt" rametti di salice. Invece i covoni li legavamo. Con le "tortagne" rami di "lata" o "castagno".

Primo: Mia madre ne ha aiutati tanti di questi girovaghi. Chiedevano di poter dormire nella stalla o sul fienile.

Mario: Il Molita aveva una bici e la collegava alla mola, poi con un piede la faceva girare e arrotava forbici coltelli e anche amssoire, amssoirin.

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Carlo: mio padre aveva una mola con la maniglia e gliela facevo girare io.Lui Usava anche “ra Cò” la cote E martellava anche il “Fèr da sijè” Falce messoria. Si metteva seduto con il tronco e quel piccolo “ancuizo” incudine e un martellino  “tic,tic,tic.” Faceva “èr fil” affilava il ferro.

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             GIOVANNI CAMERA Martlé èr fèr

 

         ENRICO GIANPAOLO FILIPPO Capalé

Mario: con Le " coeuv" nel campo si "capalava"  si mettevano a croce con le spighe verso l'interno e poi sopra si mettevano i Capalòt per coprire il mucchio di coeuv. Quando il grano veniva portato a casa si faceva la "Borla" una grande catasta di coeuv in attesa dell'arrivo della Macchina trebbia.

Teresa: una volta il grano lo battevamo anche con le "cavalié"!

 Mario: eh già, nel cortile, mio nonno batteva anche le fave con le cavalié!

Teresio: prima si puliva il cortile dall"erba poi si spalmava una poltiglia composta di sterco e acqua e la si lasciava essiccare, veniva dura come il cemento e bella lucida. Poi si mettevano le spighe o le fave e battendole si separavano i chicchi dalla pula. Prima di insaccarlo si usava ancora il "Val" vaglio per eliminare tutta la crusca.E finito il lavoro si ballava su quel fondo lucido che sembrava un “palchetto”!

Luciana: una volta i pavimenti delle case erano di legno e si spazzavano con le scope di saggina o mèiretta. Però , prima di spazzare, affinché non si alzasse la polvere si passava col sèivor( innafiatoio) e si inumidiva il pavimento.

Adriana: a proposito di caliggine, io usavo la caliggine della pentola che veniva inserita nella stufa per annerire il cuoio degli zoccoli e zoccoletti e anche delle scarpe. Con uno straccetto prendevo la caliggine e lucidavo.

TERESIO: Si facevano essiccare le castagne nello “Scao”. Si accendeva un fuoco che facesse più fumo che fiamma e si lasciavano le castagne per 48 /72 ore poi venivano allargate nel cortile e venivano battute con delle mazze ( vedi Bruno Corsini). Questo per ottenere le castagne bianche. Per conservarle con la buccia le mettevano nell’acqua e ij favo ra “novena” cambiavano l’acqua per nove giorni.

MARIO. Camiot era nostro vicino di casa. Era un personaggio curioso e strano. Aveva un cane al quale metteva un pezzo di pane sul naso, poi recitava la seguente filastrocca: < Buon soldato fa la guerra, dorme per terra, mette ra pue sul bidon e fa pin pun.>

 

Foto Bruno Murialdo

Il cane lo ascoltava e al Pin pun si lanciava il pane in alto e lo prendeva con la bocca.

TERESIO: Camiot era un “birbante!”. Dove abitavamo noi vi erano le rocche e nei pressi vi era un uomo che aveva un allevamento di tacchini. Un giorno morirono di malattia due tacchini e stava per lanciarli nelle rocche, ma arrivò Camiot che lo fermò, gli prese i due tacchini e li mise in macchina. Sai cosa ne fece? Li portò a vendere al mercato.

Era un “lesto”! Negoziava nei tartufi. Se li faceva mostrare e senza che il trifolao se ne accorgesse ne prendeva uno e lo metteva in tasca, poi li pesava e così “fregava” il trifolao che si lamentava. < mah mi sembrava ce ne fossero di più!> e lui: <…eppure guarda questo è il peso!> Andava nelle cascine a comprare i tartufi e poi si spacciava per trifolao con il suo cane!

 

 

 

 

 

 

Adriana                           Immagine che contiene Viso umano, persona, Anziano, vestiti

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Mio papà portava il Presidente Luigi Einaudi e sua moglie a fare la spesa. Siccome abitavamo vicini , mio papà col cavallo e il birocin li accmpagnava.

                                 

 

 

 

 

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Mia mamma metteva un mattone da una parte sotto il gromèt così i pulcini potevano uscire e rientrare

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