Nata a
Bosia il 19 aprile 1927 da Mamma
Rosa Rinaldi di Cortemilia1898+1939 e papà Vittorio 1892+1976 CAVALIERE DI
VITTORIO VENETO nonna Maggiorina Rodo 1858+1939 di Levice e nonno Battista
1860+1941
RICORDI DELLA GUERRA A BOSIA
Giovanna e Myriam Magliano:
< Nel
1944 dopo i fatti di marzo (fucilazione di Raimondi Dorino 1925) di aprile (uccisione
di Breme Dante) e di novembre in cui alla VERNETTA di Castino (VERNEA) furono
uccisi tre partigiani e fu incendiata la cascina, noi vivevamo nel terrore. Era
venuto ad abitare da noi, un cugino sfollato da Genova del 1923 di nome Fiore.
Lui non era indicato nel foglio appeso alla porta che indicava i componenti
della famiglia e correva a nascondersi quando capiva che erano in arrivo i
fascisti. Un giorno io e mia sorella Maggiorina avevamo effettuato “ra lessija”
(il bucato) e l’avevamo steso nell’aia. Eravamo sole poiché il papà era andato
a dare il verderame alle viti. Capimmo che stava arrivando qualcuno poiché
sentimmo correre Fiore che raggiungeva il suo nascondiglio, e infatti dopo poco
vedemmo entrare nel cortile tre repubblicani, uno piazzò la mitragliatrice che
puntava verso la casa, pronto a sparare se fosse fuggito qualcuno. Gli altri
due controllarono il foglio e sentenziarono che loro sapevano che in casa doveva
esserci un giovane del 1925 o del 1923 che non risultava dall’Elenco di
famiglia. Maggiorina, la sorella più grande disse a più riprese che non vi era
nessun uomo di quell’età nella nostra famiglia, ma loro insistevano e dopo un
po’ la presero sotto braccio uno per parte e la condussero fuori dal cortile
dietro la casa per impaurirla. Io urlavo e anche lei li implorava di lasciarla
assicurando che diceva la verità. Accorse il papà che al sentire le nostre urla
si era precipitato a casa e dopo aver assicurato anche lui che non vi era
nessuno in età di leva i fascisti lasciarono Maggiorina ma dissero al Padre che
se entro l’indomani, questo giovane che secondo loro era nascosto, non si fosse
presentato al presidio fascista a Castino, sarebbero ritornati e avrebbero
incendiato il cascinale. Alla sera arrivò da Genova il padre di Fiore e nostro
zio e riferimmo quanto ci era stato detto, ma né Fiore né suo padre non erano
intenzionati di presentarsi ai fascisti e noi eravamo veramente preoccupati. Il
giorno successivo si rimase in attesa dell’arrivo dei repubblicani, in quanto Fiore
non andò a Castino, ma fortunatamente non venne nessuno. Rimanemmo comunque allarmati,
finchè i nazifascisti non se ne andarono da Castino. Ricordo ancora: poco
distante vi era una famiglia che aveva un ragazzo del 1925 che si nascondeva in
un buco predisposto con delle canne per fornirgli aerazione. A novembre ci fu
l’altro eccidio che costò la vita a 3 Partigiani
18 11 a
Ferrero Lelio del 1925.
19 11
1944 Careglio Angelo del 1922
20 11 Cavicchini
Umberto 1925
Una sera
di Novembre , venne da noi un gruppo di Partigiani e si fermarono a mangiare.
Io fui incaricata da mio padre di controllare alla finestra del piano superiore
che non arrivasse qualcuno. Si combattevano tra Borgomale e la “Vernea” di
Castino, improvvisamente sentii un colpo e vidi un fuoco in seguito udii “in
brai” un urlo. Corsi ad avvisare i Partigiani e questi immediatamente se ne
andarono. Il giorno dopo il papà seppe da Don Berrone Parroco di Castino e
Bosia che era stato ucciso un Partigiano e questi gli chiese di andarlo a
trasportare dalla camera mortuaria al Cimitero. Io che seguivo sempre mio papà
andai con lui con il bue e il carro. Non dimenticherò mai più le condizioni di
quel defunto con il ginocchio spappolato che morì dissanguato. Molti anni dopo,
vivevo già a Rodello, seppi dalla sorella che il Partigiano Careglio Angelo
(nome di
battaglia “Furio” 5°Div. Garibaldi 16°Brigata) era stato traslato da Bosia al
Cimitero di Alba.>
Anche
Suor Myriam, sorella di Giovanna aggiunge la sua testimonianza di ricordi del
periodo della guerra: RICORDA COMMOSSA ORESTE Sandri e GIACINTO Gallesio,
trucidati a Benevello il 13 febbraio1945.
STORIE DI MASCHE
Giovanna: <Una volta stavamo lavorando con i buoi in località Mora (Morra) e ad un certo punto i buoi si bloccarono, non vi era verso di farli andare. Papà Vittorio le provò tutte ma comprese che “cheidun oi blocava!”( QUALCUNO LI BLOCCAVA) Si spazientì e mi disse: ti stà lì, mi vagh a dijne due a Tolon!(TU RIMANI lì, IO VADO A DIRNE DUE A TOLON) (Era un vecchio che abitava oltre Belbo di fronte a Bosia e che dicevano avesse o “libr dèr comand”, lo chiamavano Mascon.( vedi storia di IRMA FESSIA DI BOSIA). Andò da Tolon e gli intimò in bel modo di lasciar lavorare i suoi buoi. Questi lo guardò e gli fece segno di andare. Quando tornò i buoi ripartirono e si potè terminare il lavoro
Sempre da
quelle parti viveva una vecchia ch’ij divo rà PAJERA, e dicevano fosse una “masca”.
Ne parlò persino il Prete DON BERRONE in Chiesa, poiché parecchie persone gli
avevano riferito di aver visto “fè e can” (pecore e cani) che impaurivano
contadini e viandanti.>
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