sabato 31 agosto 2024

PEZZA SERGIO PARTIGIANO PUCCY 1923 MAESTRO AD ARGUELLO

 





Il Maestro Sergio Pezza di Pamparato Val Casotto, nato nel 1923 da  Sciandra Maria e papà Luigi, dovette partire militare, ma con l’otto settembre 1943 scelse di aggregarsi ai Partigiani del Cadore in Veneto. Rimase un po’ di mesi poi raggiunse il suo paese, Pamparato di Val Casotto. Nel 1944 ebbe la triste notizia della morte del Padre in prigionia in Germania.

 

 

               


              Sergio con la Mamma Sciandra Maria


Papà Luigi e Mamma Maria



Pezza Maestro Sergio con la consorte Abbà Agnese





CAPITANO PEZZA LUIGI ( NONNO di Bruno,Guido e Adriano)





           PIETRA D’INCIAMPO A PAMPARATO



14 10 1944

Giungo a Torino, contento di essere riuscito a farla in barba ai repubblichini. Purtroppo la mia gioia è subito troncata. Il mio caro papà non è più. Quei brutti porci 

l’hanno fatto morire di crepacuore. Il Signore perdoni tutto quello che gli hanno fatto……………Finalmente dopo una settimana giunge la mia cara mamma e con lei posso piangere la morte del mio caro papà

 

Nel leggere il suo Diario ci si immerge nella vita di un giovane di vent’anni che con grande maturità riesce a capire quali decisioni deve prendere confortato dalla Fede.

Si assume le responsabilità e corre gravi rischi ma vive la sua età ( gioca a bigliardo con i tedeschi in piazza, fugge da una finestra, ma torna al bigliardo a ridere con i compagni).

Accetta di vestirsi da fascista e di rischiare la vita sotto i colpi deglli attacchi Partigiani, ma alla prima occasione si unisce a loro.

Esprime l’affetto per la mamma rimasta vedova ed è riconoscente agli zii Alfonso ed Itala e cugini che lo aiutano a nascondersi.

Aiuta il piccolo cugino Lino  e la ragazzine Rosetta e Giuliana nei compiti.

Non dimentica di Onorare gli amici che Cadono e quelli che, Partigiani Garibaldini, effettuano con lui azioni contro i nazifascisti.


NOMI DEI GARIBALDINI DEL CADORE:

GARBIN-

BOB-

TOM-

PAOLO-

 SASSO –

PUCCI-

TEORICO-

BIOLO-

LILLI-

VOLPE-

RAUL-

LENA-

LUPO-

ORSO-

TOSCA-

RAMO-

DICH-

BRANCA-

BRIGANTE

TORRE-

PINCH-

 

KATIUSCIA-

ULISSE-

TELL

DELLAROSA-

TOMMASONE-

FOLGORE-

SCATENA-

FAELLINI-

CAPPELLI-

SCHIAZZI ”LULÙ


 

 

 

Ricorda il Partigiano “Lilli” Caduto in combattimento con il suo Comandante.

E’ grato al “Podestà tuttofare” e alla Segretaria VITTORINA che gli procurano i “documenti” per potersi muovere nei viaggi tra i controlli nazifascisti.


 

 

Al termine della guerra fu esortato da un amico a utilizzare il diploma della Scuola Magistrale e a richiedere di essere immesso in graduatoria per ottenere un incarico di insegnamento.

Come primo incarico fu assegnato alla scuola di Arguello, poi ottenne avvicinamento.


 

Il figlio Bruno, da grande Testimone della Memoria portò e tuttora mantiene in cuore i racconti del papà.

Nei giorni scorsi, trovandosi a passare in Langa con la moglie vide la segnalazione per Arguello e venne in paese per cercare notizie del passaggio del papà nel nostro paese. Parlò con Omar il quale mi mise al corrente della richiesta di informazioni. Purtroppo, per ora l’unico che ha ricordo del Maestro è Elio del 1938

Bruno Pezza con Elio di Arguello allievo del papà Sergio




che lo rammenta come suo insegnante e dice: < per quanto tempo rimase non mi ricordo ma rammento che una volta lo vedemmo arrivare dal “Grop” con gli sci ai piedi. Era venuta tanta neve e non avevano effettuato la “calà” ( non era passato lo spazzaneve).>  


              

 

Dalla pagella di Carlo Secco nato nel 1936, nell’anno scol. 1945/46 risulta insegnante la Maestra Prassede Paolazzo Cagnasso di Lequio Berria.

Il figlio Bruno ci aiuta riferendoci che suo papà fu insegnante di Franco Francone di Oreste e Talina. Franco Deceduto nel 1987 fu il suo Responsabile all’I.T.C. di  Mondovì.

Carlo Mossio del 1940 ci conferma di avere avuto insegnante il maestro Pezza e quindi potrebbe aver insegnato nel 1946/47/48/49

Continueremo comunque a chiedere a persone nate negli anni tra il  ‘ 38 e il 40, 41 per avere ulteriori informazioni.

                                PALIO DI MONDOVÌ

Maestro Sergio con “Mal e i Primitives” al Palio di Mondovi

 

Maestro Sergio con “Gipo Farassino” al Palio di Mondovì


        PREMIO DEL IV PALIO CITTà DI MONDOVì

                 VINTO dal Maestro Sergio Pezza 

      



giovedì 29 agosto 2024

MAGLIANO CASTAGNOTTI GIOVANNA 1927 BOSIA RODELLO

 


                  




     

Nata a Bosia il 19 aprile 1927 da Mamma Rosa Rinaldi di Cortemilia1898+1939 e papà Vittorio 1892+1976 CAVALIERE DI VITTORIO VENETO nonna Maggiorina Rodo 1858+1939 di Levice e nonno Battista 1860+1941

 Papà Vittorio Cav Vittorio Veneto e suoi compagni alpini di Bosia

                      Papà Vittorio Cav Vittorio Veneto

                   

RICORDI DELLA GUERRA A BOSIA 

Giovanna e Myriam Magliano:

< Nel 1944 dopo i fatti di marzo (fucilazione di Raimondi Dorino 1925) di aprile (uccisione di Breme Dante) e di novembre in cui alla VERNETTA di Castino (VERNEA) furono uccisi tre partigiani e fu incendiata la cascina, noi vivevamo nel terrore. Era venuto ad abitare da noi, un cugino sfollato da Genova del 1923 di nome Fiore. Lui non era indicato nel foglio appeso alla porta che indicava i componenti della famiglia e correva a nascondersi quando capiva che erano in arrivo i fascisti. Un giorno io e mia sorella Maggiorina avevamo effettuato “ra lessija” (il bucato) e l’avevamo steso nell’aia. Eravamo sole poiché il papà era andato a dare il verderame alle viti. Capimmo che stava arrivando qualcuno poiché sentimmo correre Fiore che raggiungeva il suo nascondiglio, e infatti dopo poco vedemmo entrare nel cortile tre repubblicani, uno piazzò la mitragliatrice che puntava verso la casa, pronto a sparare se fosse fuggito qualcuno. Gli altri due controllarono il foglio e sentenziarono che loro sapevano che in casa doveva esserci un giovane del 1925 o del 1923 che non risultava dall’Elenco di famiglia. Maggiorina, la sorella più grande disse a più riprese che non vi era nessun uomo di quell’età nella nostra famiglia, ma loro insistevano e dopo un po’ la presero sotto braccio uno per parte e la condussero fuori dal cortile dietro la casa per impaurirla. Io urlavo e anche lei li implorava di lasciarla assicurando che diceva la verità. Accorse il papà che al sentire le nostre urla si era precipitato a casa e dopo aver assicurato anche lui che non vi era nessuno in età di leva i fascisti lasciarono Maggiorina ma dissero al Padre che se entro l’indomani, questo giovane che secondo loro era nascosto, non si fosse presentato al presidio fascista a Castino, sarebbero ritornati e avrebbero incendiato il cascinale. Alla sera arrivò da Genova il padre di Fiore e nostro zio e riferimmo quanto ci era stato detto, ma né Fiore né suo padre non erano intenzionati di presentarsi ai fascisti e noi eravamo veramente preoccupati. Il giorno successivo si rimase in attesa dell’arrivo dei repubblicani, in quanto Fiore non andò a Castino, ma fortunatamente non venne nessuno. Rimanemmo comunque allarmati, finchè i nazifascisti non se ne andarono da Castino. Ricordo ancora: poco distante vi era una famiglia che aveva un ragazzo del 1925 che si nascondeva in un buco predisposto con delle canne per fornirgli aerazione. A novembre ci fu l’altro eccidio che costò la vita a 3 Partigiani

18 11 a Ferrero Lelio del 1925.

19 11 1944 Careglio Angelo del 1922

20 11 Cavicchini Umberto 1925

Una sera di Novembre , venne da noi un gruppo di Partigiani e si fermarono a mangiare. Io fui incaricata da mio padre di controllare alla finestra del piano superiore che non arrivasse qualcuno. Si combattevano tra Borgomale e la “Vernea” di Castino, improvvisamente sentii un colpo e vidi un fuoco in seguito udii “in brai” un urlo. Corsi ad avvisare i Partigiani e questi immediatamente se ne andarono. Il giorno dopo il papà seppe da Don Berrone Parroco di Castino e Bosia che era stato ucciso un Partigiano e questi gli chiese di andarlo a trasportare dalla camera mortuaria al Cimitero. Io che seguivo sempre mio papà andai con lui con il bue e il carro. Non dimenticherò mai più le condizioni di quel defunto con il ginocchio spappolato che morì dissanguato. Molti anni dopo, vivevo già a Rodello, seppi dalla sorella che il Partigiano Careglio Angelo

(nome di battaglia “Furio” 5°Div. Garibaldi 16°Brigata) era stato traslato da Bosia al Cimitero di Alba.>

Anche Suor Myriam, sorella di Giovanna aggiunge la sua testimonianza di ricordi del periodo della guerra: RICORDA COMMOSSA ORESTE Sandri e GIACINTO Gallesio, trucidati a Benevello il 13 febbraio1945.  Quando ebbe 8-9 anni, il padre la portò dai nonni materni e da una zia al CASSINOT di Benevello, poco distante dalla Madonna di Langa e dalla Cascina Belmondo dove furono arrestati Oreste e Giacinto. Dice di udire ancora gli spari che procurarono la morte dei due giovani. <Loro erano molto più grandi di me, ma li vedevo quando venivano a Messa o al Vespro e li conoscevo bene.> Aggiunge che bisogna ricordare ai giovani questi fatti e non lasciare che vengano dimenticati.


 STORIE DI MASCHE

Giovanna: <Una volta stavamo lavorando con i buoi in località Mora (Morra) e ad un certo punto i buoi si bloccarono, non vi era verso di farli andare. Papà Vittorio le provò tutte ma comprese che “cheidun oi blocava!”( QUALCUNO LI BLOCCAVA) Si spazientì e mi disse: ti stà lì, mi vagh a dijne due a Tolon!(TU RIMANI lì, IO VADO A DIRNE DUE A TOLON) (Era un vecchio che abitava oltre Belbo di fronte a Bosia e che dicevano avesse o “libr dèr comand”,  lo chiamavano Mascon.( vedi storia di IRMA FESSIA  DI BOSIA). Andò da Tolon e gli intimò in bel modo di lasciar lavorare i suoi buoi. Questi lo guardò e gli fece segno di andare. Quando tornò i buoi ripartirono e si potè terminare il lavoro




 

 

Don Berrone Parroco di Bosia

Sempre da quelle parti viveva una vecchia ch’ij divo rà PAJERA, e dicevano fosse una “masca”. Ne parlò persino il Prete DON BERRONE in Chiesa, poiché parecchie persone gli avevano riferito di aver visto “fè e can” (pecore e cani) che impaurivano contadini e viandanti.>

 


mercoledì 28 agosto 2024

GABUTTI VALERIO ALBA 1926 DOGLIANI 2018

 




Nacque ad Alba in Corso Langhe, dove il padre svolgeva il lavoro di calzolaio. Il Papà era originario di Cissone e dopo essere andato ad imparare il mestiere a Roddino, aveva aperto un suo laboratorio con alcuni garzoni ad Alba. Lui, del 1895, sposò Candida Rapalino di Benevello e vissero in Corso Langhe finchè il lavoro di ciabattino fu abbastanza redditizio. Producevano scarpe belle e anche zoccoli durante tutto l’anno e quando vi erano fiere, si caricavano i sacchi di scarpe in spalla e andavano a venderle. Quando Valerio ebbe 5 anni, verso il 1931, il papà decise di ritornare a vivere a Cissone, lì si tirò avanti allevando una mucca, tre pecore, qualche animale da cortile e coltivando la poca terra. Il padre continuò pure a riparare scarpe e a trasformare vecchie scarpe in zoccoli adattando i sèp (suole di legno di salice). Certo, furono tempi duri, poiché era una famiglia di nove figli (di cui Valerio era il più grande) e si viveva in due camere sopra la stalla e il fienile, ma tutti collaborarono, Valerio con le sorelle più giovani andava al pascolo e a procurare il mangiare per i bachi e gli animali.

Quando ebbe 14 anni andò a Serravalle Langhe da Manera, il falegname, per imparare il mestiere, ma non imparò nulla poiché si svolgevano più che altro riparazioni di attrezzature di campagna: botti, carri, carriole, zappe ecc.



   In quel Croton di falegnameria vide però un mandolino rotto che gli rimase impresso in testa e gli fece scattare il desiderio di costruire strumenti musicali. Cinquant’anni dopo realizzò un mandolino uguale a quello visto.

Tutti gli strumenti costruiti furono opere ispirati da altrettanti pezzi, alcuni unici, come la chitarra di cui vide una foto risalente al 1918 presso una famiglia di Diano d’Alba, e poi viole, violini, violoncelli, ghironde.


 Ogni volta che vedeva uno strumento gli sorgeva il desiderio di costruirlo e allora procedeva. Ha il ricordo della storia della costruzione di un’altra chitarra che vide presso un Albergo di Lequio Berria: La vide, si incuriosì, la osservò attentamente e ne realizzò una copia che possiede ancora con tutti gli altri strumenti realizzati in tanti anni di lavoro. Sì perché, Valerio fu sempre gelosissimo dei suoi strumenti e non ne ha venduto nessuno. Ne prestò e ancora oggi ne concede   a dei musicisti per concerti, ma vengono sempre restituiti, non sono in vendita. Afferma: <quando non ci sarò più saranno esposti in un museo.>

 

Fu interessante la storia per la costruzione di un violino: a Dogliani vi era una conoscente che ne possedeva uno, ma era gelosissima e non gli permetteva di toccarlo. In un’occasione lasciò il violino sul tavolo e lei si assentò. Ne approfittò subito, aveva il giornale sotto il braccio, lo aprì e con la matita fece una copia del contorno del violino e disegnò alcuni pezzi. Richiuse il giornale e il gioco fu fatto, quei disegni furono sufficienti a permettergli di realizzarne uno uguale.

A vent’otto anni realizzò il primo violino grazie ad una famiglia di Pradleves che gli concesse di osservarne e studiarne uno che possedevano, non   venne proprio perfetto ma rimase legato da grande affetto poiché ricorda quella famiglia di persone di cultura ma semplici.  Anche un violoncello che realizzò su copia di quello di un’amica tedesca contadina e violoncellista, lo gratificò molto. Lo concede a lei che lo ha utilizzato in parecchi concerti e si è complimentata per il pregio e musicalità dello strumento, e sempre lo restituisce.

 

UNA GHIRONDA




https://youtu.be/4EncxbVanls?si=t3O71PaLH7wvR0tN     ghironda

 Per realizzare una Ghironda dovette faticare molto, più che altro perché la visionò presso dei “montagnin” suonatori di Dronero ma con dei sotterfugi poiché si avvicinava solo quando questi si allontanavano dallo strumento. Tuttavia si fissò nella mente quei 100 pezzi e riuscì a produrli ed assemblarli con grande soddisfazione. Un'altra ghironda la costruì ideandola per essere suonata come una tastiera e tuttora funziona.

Per costruire gli strumenti dedicò sempre, non meno di cento ore per terminarli, ma sempre provò grande soddisfazione, e glielo si legge negli occhi mentre racconta.

Un'altra grande gratificazione la ebbe dal restauro dell’Organo della Confraternita dei Battuti di Dogliani del 1742. Trovò l’organo in condizioni pietose, i topi l’avevano reso inservibile costruendo parecchi nidi e avevano rosicchiato le canne, ne trovò ben 160 sparse per la Chiesa! Con pazienza rese nuovamente suonabile il meraviglioso e prezioso strumento. Fu collaudato e approvato ma non comprese mai perché non sia stato utilizzato in qualche occasione. Valerio seppure stanco volle ancora ricordare l’interessamento che don Conterno, il parroco di Dogliani ebbe per il restauro e onorarlo ricordando la sua brillantezza nel retribuirlo per l’attività svolta. Gli chiese il conto con insistenza e lui non glielo portava mai, quando si decise a presentarglielo lui lo guardò e sorridendo alla richiesta di ottocento mila lire, rispose con  Lire due milioni e quattrocento e  un solenne ringraziamento.

Ciao Valerio, ad attenderti in Cielo avrai trovato la tua cara sorellina Alfonsina


 

che veniva a portarvi il cibo quando vi nascondevate durante i “rastrellamenti” a Cissone, e gli amici Renato Salvetti Partigiano René Deportato a Mathausen, con Pini Segna Partigiano “Rudy” che scampò fortunosamente alla “fossa” fattagli scavare per metterlo alla prova!  Quante cose avrete da raccontarvi! Grazie per quanto avete narrato! Io mi ricorderò di voi nelle mie preghiere, e voi ricordatevi di me!

SALVETTI RENATO REDUCE MAUTHAUSEN

PINI SEGNA PARTIGIANO E FUMETTISTA IDEATORE DI "ZAGOR"






mercoledì 14 agosto 2024

VARALDO SECONDINO 1924 1944

 



VARALDO SECONDINO BARBARESCO 4/6/1924

di MARTINO FILOMENA 1891 1950

e di  GIOVANNI 1881 1959

Residente a TRESTELLE di Barbaresco

CVL.MATTEOTTI

DIV.CUNEENSE 21° BRIGATA

UCCISO DAI “MUTI” IL 13 LUGLIO 1944

 


 

ROBERTO ZANINI mi riferì:

<Il 10 marzo 2017 io e mia moglie andammo alla presentazione di un libro a Torino “Carabinieri per la libertà “e in una pagina di questo, scoprimmo  che nominavano anche un Carabiniere di nome Secondino Varaldo e della sua disgrazia.

Si trattava dello zio di mia moglie

VARALDO Giuliana Giuseppina


SECONDINO CON LA NONNA

Anche l’Alpino  PIERO RIVETTI NATO A CEVA 1934 Andato Avanti nel 2020 ad Alba mi raccontò: 


            

 

SECONDINO e REMO erano gemelli figli di FILOMENA E GIOVANNI di Tre Stelle di Barbaresco.

Erano di leva e non si erano presentati alla Caserma dei Carabinieri per essere arruolati. Avevano invece detto al Partigiano Farinetti, il Comandante Paolo che se avesse avuto bisogno di uomini loro ci sarebbero stati. Continuarono a nascondersi quando sentivano arrivare i repubblichini e a dare una mano al padre nei filari. Giovedì 13 Luglio 1944 il padre Giovanni disse loro che sarebbe andato nei filari sotto casa e che se fosse stato tutto tranquillo avrebbe fatto un segnale. Così fece e i due fratelli al vedere il “fassolèt” fazzoletto che sventolava partirono da casa e raggiunsero il papà. Dopo neppure due ore che stavano lavorando alzarono gli occhi e si avvidero che dalla strada della “Triforera” era apparsa una squadra di “muti” che aveva piazzato la mitragliatrice per sparare proprio nella loro direzione. Remo e il papà Giovanni si acquattarono con la faccia nella terra e nell’erba, Dino si mise a correre nel filare con l’intenzione di raggiunger la strada della Martinenga, ma dopo pochi passi fu raggiunto dai proiettili e crollò senza vita. Il padre e il fratello rimasero immobili finchè sentirono sparare . quando sollevarono la testa per vedere dove fosse Dino lo videro a terra e timidamente  lo chiamarono. Solo quando furono sicuri che i “muti” se n’erano andati, si alzarono e procedendo bassi raggiunsero il figlio /fratello. Lo trovarono morto. Non rimase altro da fare che recarsi a casa ad attaccare il carro alla mucca e portare il povero corpo alla mamma piangente consolata da Remo, anche lui distrutto dal dolore per la perdita del fratello. Il padre imprecò e pianse, si sedette in un angolo del cortile e attese il prete che venne per una Benedizione veloce e consigliò a Remo di sparire in fretta poiché i muti non erano lontani e sarebbero tornati a cercare anche lui. Remo ubbidì, diede un bacio al fratello e alla mamma e toccò sulla spalla il padre, poi guardingo raggiunse a Trezzo Tinella il Gruppo del Comandante Paolo. Lo abbracciarono tutti, capirono subito cos’era successo vedendolo da solo. Si fecero raccontare solo dopo qualche giorno l’accadimento. Capirono tutti che perdere un fratello gemello era un dolore terribile e non sapevano cosa dire.

 

           FOTO ARCHIVIO GIULIANA E ROBERTO