mercoledì 26 giugno 2024

CANE BUSCA MARIA BORGOMALE 1933








CANE AROSSA ELSA                  CANE BUSCA MARIA



                      


Papà CANE GIUSEPPE         Mamma RONNE ERNESTINA




                             CANE GIACOMO

https://youtu.be/O41o04AHoUo 

Mio fratello Giacomo trucidato a 16 anni

 https://youtu.be/JCUhtB-CfSk   

Simona Colonna su quel sentiero

CANE GIACOMO DI GIUSEPPE BORGOMALE (CN/I) il 28/10/1928

Contadino MANGO (CN/I) il 19/11/1944

CANE MARIA BORGOMALE 1933 

 In famiglia eravamo quattro sorelle e due fratelli. Nascemmo tutti nella cascina denominata da “Gamba” ultima casa del Comune di Borgomale.

Papà Giuseppe del 1890 aveva partecipato alla guerra Europea del 1915/18.

 Andavamo a scuola a Montemarino, distante 4 chilometri e ricordo che, a piedi, percorrevamo lo “stradone” che aveva sassi grandi come uova. Non venne mai nessuno ad accompagnarci, ma eravamo frotte di bambini !

Fin da piccole si contribuiva nel lavoro dei campi. Dopo la scuola a otto anni ricordo che il papà ci mandava a raccogliere le pietre nel terreno arato dove avrebbe seminato grano e meliga.

La sorella più grande rimase a casa e fece la sarta, un’altra sorella a 18 anni andò a servizio dai Bona di Manera e rimase finchè sposò il muratore Gavarino di Trezzo Tinella, Elsa andò presso la famiglia della Cascina Albesano e poi si sposò con Peppino Arossa di Cascina Raimond di Neviglie e andarono da mezzadri a Castagnole Alto e all’Olmo.

MIO MARITO BUSCA PLACIDO IN PRIGIONIA

Mio marito raccontava che fu preso prigioniero e inviato in Germania. Per due anni con tanti altri prigionieri venivano scortati a lavorare nei campi di patate dai soldati armati. Patirono tanta fame e freddo e non potevano toccare neppure una patata poiché si veniva immediatamente picchiati oppure uccisi.

CANE GIACOMO DA SERVITORE ALLA CASCINA ALBESANO

Mio fratello Giacomo del 1928, era da “servitò” (manovale) alla cascina “Albesano” di Montemarino.

Avendo saputo che i nazifascisti avrebbero effettuato un Rastrellamento, con altri 6 giovani di cui 3 di appena  sedici anni come lui e un anziano del Boscasso già tornato dal Brennero dopo l’8 settembre 1943, decisero di fuggire nei boschi per nascondersi. Andarono verso San Donato e girarono per due giorni nei boschi fino ad arrivare al Topiné. Alla famiglia che abitava in quella cascina chiesero da mangiare e fu in quei momenti che giunsero i tedeschi. Non si seppe se fossero arrivati casualmente o perché avvisati da qualche spia, li catturarono e dopo averli allineati sul bordo di un dirupo li mitragliarono e li fecero precipitare, inoltre fecero rotolare sopra di loro dei massi che resero ancora più difficile il recupero dei poveri corpi. Mio padre venne avvisato quando il fatto era già avvenuto e non aveva neppure saputo che il figlio fosse andato via dalla cascina. Fu atroce per tutti i genitori ritrovare i loro figli crivellati di colpi e con i volti sfigurati, e ancor più terribile per il padre e madre dei tre fratelli Rivera, avevano solo quei tre ragazzi!

Quando li portarono su dal burrone mia sorella Elsa di 18 anni andò a riconoscerlo. Ma disse che erano orribilmente sfigurati. Da quel giorno mia mamma  Ernestina, che era originaria di Torre Bormida, non si ristabilì più, non si dava pace di aver perso così tragicamente suo figlio. Non si seppe mai nulla di come andò realmente perché vi era un clima di guerra e tutti avevano paura. Nessuno parlava.

Noi abitavamo laggiù dal ponte “Maboch” e “r’oma vist èr masche” abbiamo provato il terrore! Da Alba fino al ponte era zona dei republican e dal ponte in su era zona dei Partigiani. I Partigiani da Lequio Berria venivano e sparavano richiamando così i nazifascisti che se la prendevano con noi!

Una volta vennero i repubblicani e volevano dare fuoco alla casa perché dicevano che i Partigiani avevano sparato con il nostro aiuto. Mio padre mostrò la dichiarazione di morte di mio fratello Giacomo e allora se ne andarono.

Quasi tutte le notti passava anche un piccolo aereo che se vedeva luci mitragliava. Così dovevamo oscurare tutte le finestre e ricordo che poi uscivamo a vedere se si vedevano luci, anche solo di candele o lanternin perché la luce elettrica non l’avevamo ancora! Ah quanta paura provammo!

Quando si sentiva il rumore degli aerei, mia sorella mi prendeva in braccio e scendevamo tutti in cantina che era protetta da “sorzére” (architravi) più robusti.

 

I PARTIGIANI FECERO SALTARE IL PONTE DI “MABOCH”

I Partigiani vennero da mio padre e lo avvisarono che avrebbero fatto saltare il ponte di Maboch.   

I nazifascisti non potendo più transitare sul ponte attraversavano il torrente Cherasca passando dalle case “Maboch” situate più in basso e poi risalendo nei campi di mio padre sbucavano nella curva proprio sotto casa nostra. Nell’attesa che fosse arrivata tutta la colonna sti soldati aspettavano nel nostro cortile ed intanto razziavano tutto quel poco che avevamo!

Ricordo che mio padre Giuseppe, poco distante da casa, aveva realizzato un Crotin per nascondere qualcosa, sia da mangiare che di vestiario e biancheria in modo da non farsi portare via tutto!

 

giovedì 20 giugno 2024

MINASSO PARUSSO EMMA MUSSOTTO D'ALBA 1914

 



https://youtu.be/na7oWVxCsKc                     MINASSO PARUSSO EMMA DONNA MEDIATRICE DA UVE

 

https://youtu.be/J3W4Xt0P9l4                        Papà del 1889 IN GUERRA

 

HTTPS://YOUTU.BE/_IRYWDAOY_Y  MIA NONNA IN FRANCIA A “BAILÉ”

 

 

LA MIA GIOVINEZZA

Frequentai le scuole a Mussotto d’Alba e poi andai ad Alba per la classe quinta e Sesta. Avevo piacere di studiare da maestra e avrei potuto viaggiare con il treno, ma a papà non piaceva l’ambiente degli studenti sul treno e così mi mandò in Collegio a Cuneo. Frequentai finchè sopraggiunse la crisi del 1929 e per il papà divenne insostenibile pagare l’elevata retta del collegio. Disse che per il lavoro che dovevo svplgere nell’azienda di famiglia (esportazione vino) era sufficiente la preparazione scolastica che avevo raggiunto anche senza diploma. Così rimasi a casa a compilare bollette di spedizione.

PAPÀ “MEDIATORE” DA UVE

Il papà esercitava l’attività di Mediatòr (Sensale da uve e vino) però sovente mandava me che avevo solo vent’anni. Una volta, giunsi dalla casa dei Patetta a Trezzo Tinella e sentii che il compratore stava litigando con il contadino che aveva portato l’uva con il carro perché aveva visto dell’uva bianca che credeva “verda” non matura! Così dovetti calmare gli animi e in mezzo a quegli uomini “arrabbiati” non fu facile. Mi era già successo di andare nella Valle dei “Fiori” di Trezzo a visionare delle “uve” ancora da vendemmiare (propi nèn tant bèle) proprio brutte e dovetti rientrare in fretta a segnalarlo a mio padre!.

 

ANDAVO IN BICICLETTA

Per quel lavoro feci tanta strada in bicicletta. Papà, che aveva partecipato alla guerra Europea del 15/18, avaeva poca salute e a vendere il vino mandava me.

Avevo lasciato una bicicletta a Centallo da un ciclista e arrivata in treno prendevo la bici e mi recavo a Villa Falletto, a Busca e in tutti i paesi lì attorno a vendere il vino. Portavo i “campioni” assaggi del vino ad una rivendita di Piasco e a molti proprietari di cascina. Qualcuno chiese a mio padre se non era preoccupato a mandare una così giovane ragazza da sola, ma lui rispose che si fidava e che se assomigliavo a lui sapevo “arrangiarmi”! Si fidava a lasciarmi andare in giro da sola a vendere vino, ma non si fidava a lasciarmi andare sola in festa alla frazione Scaparoni! Mi diceva: < a rà séira, quand che o so o và giù èr galine van à giòch> (alla sera quando il sole tramonta le galline vanno nel pollaio!).

 

PAPÀ DA MEDIATOR A NEGOSSIANT

Papà, originario di Magliano Alfieri iniziò a svolgere attività di “mediatore” poi per l’attività di venditore di vino si trasferì a Mussotto d’Alba perché vi era la stazione ferroviaria per le spedizioni. Il Deposito era alla Cascina “Sarda” dove vi era una grande tettoia dove venivano accatastate le botti grandi. Qui si riempivano delle piccole botticelle che venivano spedite via Ferrovia.

Con un camioncino si andava a caricare il vino a Mango ed in altri paesi. Una volta mia mamma dovette trascorrere la notte sul camion che si era guastato. Si fermò alla Madonna degli Angeli di Alba e così mentre l’autista era andato a cercare un meccanico lei rimase con il carico di vino!

PAPÀ IN GUERRA E MAMMA VENDITRICE DI VINO

Quando papà fu chiamato alle armi per la guerra del 1915 io avevo solo sei mesi. Tornò che avevo quattro anni ma non avendolo mai visto non volevo accettarlo!

Dal fronte di guerra papà veniva poco a casa e mamma per incontrarlo si recava a Torino. Papà come altri suoi tre fratelli fece la guerra negli Alpini, ma nel 1916, su consiglio di suo fratello prese la patente e fu inserito nel reparto automobilisti.  


Nel periodo che fu in guerra, la mamma proseguì  l’attività di vendita vini ed io fui cresciuta nella bottega.

Papà aveva conosciuto mamma durante il Servizio Militare a Cuneo ed aveva ritrovato il nome della famiglia su di un libretto dove sua mamma registrava gli indirizzi dei compratori di vino. Già mio nonno paterno era negossiant da vino e uve!

Raccontavano che il nonno per incontrare i contadini (conosse e savèj!) andava a Messa a Priocca e a Vespro a Govone o in altro posto, poi nella settimana portava i clienti a visionare e ad acquistare uva o vino.

NONNA A “BAILÉ” IN FRANCIA

La nonna, quando partoriva un figlio, ne ebbe quattro, si recava in Francia  a “bailé” (allattare a pagamento).

Per avere compagnia durante il viaggio in treno, aveva un cagnolino!

GLI ZII IN AMERICA

Gli zii emigrarono in America, chi al Sud in Argentina e un altro in California per lavorare in campagna. Anche uno zio materno di Roata Chiusani andò in America. Mamma raccontava che zio Natalin disse a sua mamma che voleva sposarsi ma lei gli rispose che di famiglia ne aveva già una! La nonna rimase vedova quando il figlio più piccolo aveva soltanto un anno. A quei tempi vi era “miseria, miseria” e così si andava a cercar lavoro e fortuna in America.

A Roata avevano una cascina con le mucche e la nonna pur vedova seppe portarla avanti e farla rendere.La chiamavano “ra banchéra” la banchiera. Presto anche dei soldi a mio padre per la sua attivita di negoziante.

Io da piccolina, mentre papà era in guerra, fui allevata alla cascina. Ricordo che una mucca mi colpì al petto e per poco non mi schiacciò!

AMANTE DELLE POESIE

https://youtu.be/C4fBT404-rg                         Minasso Parusso Emma 1914 POESIE

Fin da giovane mi piaceva recitare poesie che ancora oggi ricordo a memoria. Quella di Carducci: Salve o Piemonte


Su le dentate scintillanti vette

salta il camoscio, tuona la valanga

da' ghiacci immani rotolando per le

selve croscianti :

ma da i silenzi de l'effuso azzurro

esce nel sole l'aquila, e distende

in tarde ruote digradanti il nero

volo solenne.

Salve, Piemonte! A te con melodia

mesta da lungi risonante, come

gli epici canti del tuo popol bravo,

scendono i fiumi.

Scendono pieni, rapidi, gagliardi,

come i tuoi cento battaglioni, e a valle

cercan le deste a ragionar di gloria

ville e cittadi:

la vecchia Aosta di cesaree mura

ammantellata, che nel varco alpino

èleva sopra i barbari manieri

l'arco d'Augusto:

Ivrea la bella che le rosse torri

specchia sognando a la cerulea Dora

nel largo seno, fosca intorno è l'ombra

di re Arduino :

Biella tra 'I monte e il verdeggiar de' piani

lieta guardante l'ubere convalle,

ch'armi ed aratri e a l'opera fumanti

camini ostenta :

Cuneo possente e pazïente, e al vago

declivio il dolce Mondoví ridente,

e l'esultante di castella e vigne

suol d'Aleramo;

e da Superga nel festante coro

de le grandi Alpi la regal Torino

incoronata di vittoria, ed Asti

repubblicana.

Fiera di strage gotica e de l'ira

di Federico, dal sonante fiume

ella, o Piemonte, ti donava il carme

novo d'Alfieri.