domenica 22 settembre 2024

GIORDANO FRANCESCA DIANO D'ALBA 1907 1997

 




Giordano Francesca 1907 1997 Diano d’Alba  

Testimonianza raccolta nel 1997 da Beppe Fenocchio di Neive Arguello

I Novanta anni di nonna Cichina sono la pubblicità del cielo sereno. Le sue mani ti raccontano quante “lessìje” (lavaggi) hanno fatto, quante gaggie e gelsi hanno sfrondato, quante fascine hanno legato, quanti bozzoli di baco da seta hanno scelto e quante canne hanno sistemato.

 



Io e Carlo ci sposammo il 9 Aprile 1928 nel Duomo di Alba. Siccome sono nata nel 1907 a Santa Rosalia e non avevo ancora compiuto i 21 anni “iera ancora nèn fora ‘d tuva”(tutela), allora mio padre andò in Municipio a “dé èr contènt” per “fé scrive “ il matrimonio.  Siamo andati ad abitare nella cascina Canova di Montelupo in Valle Talloria e lì abbiamo vissuto per 67 anni. Io e mio marito abbiamo avuto la fortuna di festeggiare i 65 anni di matrimonio. Lui è mancato due  anni dopo e io sono ancora qui a tribolare, ma se il Signore vuole così, io sono già contenta della mia vita.

Abbiamo vissuto sempre nella stessa cascina e abbiamo svolto tanto lavoro. Cosa ci ha fatto più piacere è di avere festeggiato insieme i sessantacinque  anni di matrimonio, grazie al Signore. Questa vita è volata, sarà perché il lavoro ci ha sempre aiutati a stare insieme e a vivere sereni. Il ricordo più bello che mi torna alla mente è di quando andammo fino a Serravalle a recuperare due sacchi di foglia di gelso per i bachi. I nostri alberi non avevano più foglia e non avevamo nulla per i bachi. Mio marito seppe che era possibile procurarsene a Serravalle Langhe e senza tante parole partimmo e così salvammo i nostri bachi. Questi racconti oggi fan ridere i giovani, ma per noi i bachi erano la sopravvivenza!!

Per far rendere questo lavoro mettevamo i cannicci anche in camera da letto e per ridurre l’odore, mettevamo le mele a maturare sull’armadio. Le coppie giovani di oggi non comprendono le fatiche effettuate, ma ogni epoca ha le sue mode! Ringraziando il Signore sono arrivata fin qua e spero vorrà ancora concedermi un po’ di salute.” Cichina ha sempre avuto il sostegno della preghiera e pur soffrendo molto prima dell’amputazione di una gamba e dopo, ha sempre cercato di camminare senza mai lamentarsi. Un mattino non si svegliò, come aveva sempre chiesto, passò al sonno eterno, aveva ancora, o già, la corona del rosario tra le dita.